Documenti e notizie
a cura di Paolo Pianigiani
Recentemente restaurata da Paola Rosa e da Emanulela Peiretti, sotto la direzione della dott.ssa Anna Floridia della Soprintendenza di Firenze, la Madonna realizzata nella seconda metà del Quattrocento è tornata a risplendere. Ma vediamo la sua storia…
1906
Da: Empoli Artistica,
di Odoardo H. Giglioli
Firenze, Lumachi Editore, 1906, pag. 179 – 180
Chiesa di Santa Maria a Ripa
Annessa a questa chiesa vi è la compagnia della Concezione eretta e fondata nel 1450, che rovinò e costrinse i fratelli di essa a ritirarsi nel 1524 nella compagnia di san Lorenzo di Empoli, portandoci l’immagine di terra cotta della Madonna che oggi, dice il Campione Beneficiale A (a c. 1450) si ritrova in un tabernacolo sopra all’uscio di detta compagnia di san Lorenzo. Questa scultura della Immacolata Concezione è infatti nella cappella a stucchi che precede quella di san Lorenzo ora sala della Galleria della Collegiata ; ma per consuetudine religiosa non si scopre che una volta l’anno.
Io non l’ ho potuta vedere e a giudicarne da una riproduzione sembra un lavoro di fine scalpello.
Questa ultima affermazione mi fa pensare che la foto pubblicata dal Fabriczy, tre ani dopo, fosse già disponibile… (p.p.)
1909
Da: C. von Fabriczy, Kritisches Verzeichnis toskanischer Holzund Tonstatuen bis zum Beginn des Cinquecento, nel ‘Jahrbuch der königlich preuszischen Kunstsammlungen’, XXX, 1909, Beiheft, pp. 1-88 (pp. 29 n. 11.82,44 fig. 10, come “florentinisch”, “vom Ausgang des Quattrocento”, “modem schlecht bemalt”. Dommuseum)
La fotografia mostra una corona sette-ottocentesca in testa alla Vergine e, ai suoi piedi, un serpente e un crescente di luna sempre posticci, oggi sostituiti da una base metallica con serpente meno vistosa, ma di gusto ben peggiore).
Commento di Francesco Caglioti (“Nuove Terrecotte di Benedetto da Maiano”, in Prospettiva n. 126/127, anno 2007, Centro DI, Firenze, nota n. 61, pgg. 43-44.
EMPOLI – Duomo (Cappella all’ingresso del museo)
- Madonna della Concezione, di dimensioni inferiori al naturale, mal dipinta in chiave moderna, di fine Quattrocento. Si trova nel sito attuale dal 1524, quando la Compagnia della Concezione fu costretta a trasferirla dal suo oratorio di S. Maria a Ripa a quello di S. Lorenzo in Duomo (attualmente la prima sala del Museo del Duomo). E’ custodita in un tabernacolo ed è esposta al pubblico solo una volta l’anno, in occasione della festa dell’Immacolata Concezione di Maria (8 dicembre). (cfr.Giglioli. Empoli artistica, Firenze 1906, p.180). Figura 10.
1910
Da: Le iscrizioni di Empoli, di Olinto Pogni
Firenze 1910, Tipografia Arcivescovile, via del Moro, 28
Le Iscrizioni della Collegiata, pag. 21
59.
A DÌ 25. APRILE 1779 FU MENATA A PROCESSIONE LA SS. VERGINE DI S. LORENZO PER ESSERE STATO SENZA PIOVERE GIORNI 128 E DOPPO ORE 24 PIOVÈ UNA AQVA CONSOLATA CON CONSOLAZIONE E DÌ 3 MAGGIO PIENA
Questo scritto leggesi in carattere corsivo a penna e inchiostro sulla parte interna d’uno sportello d’armadio per gli arredi sacri, che trovasi in una stanza posta presso il presbiterio della cappella del Sacramento, a destra di chi tien la faccia rivolta all’altare. È un ricordo preso alla buona da uno de’ sagrestani di quel tempo, ed è forse l’unico cosi particolareggiato che esista di quella processione fatta per implorare la pioggia. La Madonna di S. Lorenzo è la statua in terracotta della SS. Concezione, esistente nel tabernacolo all’altare della cappella omonima, e data in deposito alla Compagnia di S. Lorenzo da quella della Concezione di S. Maria a Ripa l’anno 1524, quando rovinò la cappella, sede della Compagnia stessa, ove quell’imagine trovavasi.
1937
Da Inventario Archivio Parrocchia di S. Andrea:
INVENTARIO DELL’ARCHIVIO DELLA COLLEGIATA DI SANT’ANDREA DI EMPOLI (1402 – 1937)
CAPITOLO DELLA PIEVE DI SANT’ANDREA (1413 – 1934)
Pag. 256-257
1647.06.01 – 1732.06.01
Amministrazione dell’altare della “Madonna di S. Lorenzo di Empoli”
Registro cartacei legato in pergamena a busta con i lacci, cc. I, 1-128 num. ant, con 26 carte sciolte numeri moderni; sul piatto anteriore è dipinta l’immagine della Madonna;
A c.1r: “Questo libro è della compagnia di S. Lorenzo di Empoli dove si terrà conto delle entrate e uscite della immagine della Madonna che sta sopra la [credenza] in nella nicchia di pietra coperta, quale immagine fu portata dalla compagnia di S. Maria a Ripa in detta nostra compagnia al tempo della guerra degli spagnoli e ci fu donata con patto che i nostri fratelli potessino entrare in detta loro compagnia senza essere [vinti] e così i loro nella nostra così portano i loro capitoli e da allora che la vene in qua si è tenuta all’altare di compagnia coperta nella tavola che al presente si terrà nell’oratorio di S. Giuseppe di Empoli e detta immagine è di rilievo e si chiama la Santissima Concezione e si è tenuta sempre con gran venerazione ora al presente si è fatta la tavola di S. Lorenzo perchè il Vannini Pittore non ci ha lasciato il […] da metterla nella tavola si è fatto la nicchia di pietra come si vede et detto libro si terrà conto dell’entrata e della uscita di detta e mezzo servirà per l’entrata e mezzo per l’uscita”
1990
Da: APPUNTI SU OTTAVIO VANNINI L’ATTIVITÀ EMPOLESE
di Walfredo Siemoni
In ‘Antichità viva’, XXIX, 1990, 4, pp. 5-11
Alla tela di Pontorme si lega un altro dei dipinti empolesi, il martirio di San Lorenzo eseguito per l’omonima confraternita posta nella Collegiata di Sant’Andrea. L’opera, come appare anche da un esame superficiale, è ridotta in uno stato quasi larvale, complicando ogni lettura, al punto da indurre illustri studiosi a scambiarla per un dipinto eseguito su tavola15. Anche in questo caso mancano termini cronologici precisi, atti a datare la tela con esattezza. Una cronologia approssimativa è deducibile da fattori esterni. Dalle fonti sappiamo che la Compagnia di San Lorenzo terminò la costruzione della nuova tribuna del proprio oratorio il 7 novembre 1630. Tale termine porta a ritenere che anche l’edificazione della mostra lapidea e, quindi la commissione della tela che doveva esservi contenuta, non dovettero tardare, per cui non appare improbabile una conduzione parallela all’opera di Pontorme16. Come in quel caso, e poi anche in Santa Maria a Ripa, la pittura restò non terminata e fu collocata ugualmente sull’altare entro il 1647. Questo termine è ricavabile da un ricordo in cui si afferma che il primo giugno di quell’anno si rese necessario fare una nicchia in pietra per porvi una statuetta dell’immacolata Concezione perché il Vannini, pittore fiorentino, non ci ha lassato il vano da metterla nella tavola [sic]; tale aggiunta, sia pure nascosta e tamponata, risulta ancora visibile lungo il muro esterno dell’edificio17. Se appare comprensibile il motivo per il quale l’artista si rifiutò di rompere il proprio schema classicizzante imperniato sul nudo del martire per adattarvi la nicchia per la venerata immagine, verosimilmente in posizione centrale, è opinabile che i confratelli difficilmente fossero pervenuti in possesso della pittura prima di tale anno, a causa del tenore della memoria. Esaminando il dipinto, al di là delle precarie condizioni, si nota l’affinità cromatica con la tela di Pontorme e quelle, coeve, della cappella del Rosso nella scelta di tonalità cupe. Si avverte anche la preoccupazione quasi ossessiva nel creare nel corpo del santo quell’unione di bellezza ideale e reale, testimoniata dal disegno degli Uffizi (n.9548 F) caratteristica del filone classicista del primo Seicento. Ed in effetti, contrariamente alle versioni contorte datene da Cigoli nello scorcio del secondo precedente o alla scena carica di corpi fornita da Ligozzi nel 1611, Vannini tenendo presente entrambi i martirii, specie quello di Cigoli per gli effetti luminosi provocati dalla brace incandescente, riesce a creare qualcosa di meno convulso, quasi di olimpico. Il santo si solleva delicatamente dallo strumento di sofferenza per afferrare con grazia la palma che l’angioletto, ormai visibile solo a distanza ravvicinata, gli porge, contribuendo a creare in quell’attimo di vuoto che separa il contatto tra le due figure; una sorta di attesa sospesa nel tempo deriva anche dal fatto che sono ignorati i carnefici che solitamente stanno attizzando il fuoco. Ancora una volta, come per il dipinto di Pontorme, il modello a cui il pittore si ispira è rintracciabile in un’opera del Passignano, San Michele che scaccia il demonio, pendant con l’altra storia dell’Arcangelo esaminata in precedenza. Qui la figura nuda e distesa in primo piano ricorda il santo empolese.
Estremamente interessante e affatto casuale appare la circostanza che spinse Vannini a utilizzare le storie eseguite dal vecchio maestro proprio per due delle maggiori confraternite laicali della zona necessariamente in contatto tra loro. Se ciò può spiegarsi con un volontario isolamento rispetto alla tendenza cortonesca che stava conquistando il mondo fiorentino, attuando una sorta di recupero, volgendo in chiave di classicismo castigato e dignitoso i risultati di uno dei maggiori esponenti controriformati quale fu Domenico Passignano. Tra le poche carte superstiti della confraternita è un quadernetto contenente i Capitoli, collocabile tra il 1630, termine dato dalla memoria sulla tribuna ivi contenuta e il 1636, anno dell’approvazione vescovile dei suddetti18. Il fascicoletto, donato dal proposto Lazzeri, come appare dalla scritta in calce al frontespizio, ospita un’ interessante miniatura a tempera perfettamente conservata raffigurante il martirio di San Lorenzo. Questa, pur non risultando derivare in modo diretto da nessuno dei soggetti eseguiti entro il primo quarto del secolo, mostra echi veneziani nell’angelo scorciato e circondato dall’alone luminoso. Dal medesimo ambito, filtrato attraverso la tradizione toscana (Macchietti e Cigoli) paiono le figure del tiranno sull’alto trono a destra e quelle dei carnefici. Il tutto concorre a formare l’ipotesi di un’immagine devozionale forse diffusa nel periodo, che i confratelli avrebbero voluto sul loro altare; una conferma può essere fornita dall’incorniciatura ricalcante i coevi altari lapidei a timpanatura interrotta come dalla cornice lignea a motivi vegetali dorati simile a quelle che contengono le pitture della Collegiata e di Ripa. E’ ipotizzabile che Vannini, pur non rispettandone l’iconografia, potesse essersi ispirato ad essa nell’impianto generale della scena.
Note
14 Sul dipinto, facente parte di un ciclo sull’arcangelo, cfr.J.L. Nissman, Domenico Cresti (il Passignano), 1979; pp. 274-276 n.37, il quale lo pone tra il 1598 e il 1601.
15 G. Cantelli, Repertorio della pittura fiorentina del Seicento, Fiesole, 1983, p.138. Ricordato come non terminato insieme al dipinto di Pontorme anche da Baldinucci (cit., 1846, IV, p.440).
16 Archivio della Collegiata di Empoli (Arch.Coll.); fascicolo intitolato: Compagnia di S.Lorenzo – Capitoli.
17 Ivi , filza intitolata: Libro della Madonna della Compagnia di San Lorenzo, c.I. La statuetta in questione è una terracotta smaltata raffigurante appunto l’Immacolata Concezione donata nel 1524 dalla confraternita omonima in segno di riconoscenza. Su ciò cfr.W. Siemoni – L. Pagni, La Chiesa ed il convento di S.Maria a Ripa Storia, architettura, patrimonio, Pisa , 1988, p.45. La venerata immagine prima della tela del Vannini “si è tenuta all’altare di Compagnia coperta nella tavola che al presente si trova nel oratorio di San Giuseppe di Empoli e detta immagine è di rilievo e si chiamala Santissima Conceptione” (Ivi).
18 Conservato nell’archivio della Collegiata empolese col vecchio numero di segnatura 226 ter.
2020
Da: La collegiata di Sant’Andrea a Empoli, Pacini Editore 2020
Dal Sacco del 1530 ai giorni nostri
di Valfredo Siemoni
pagg. 93-94
Nel 1524 i confratelli dell’Immacolata Concezione di Santa Maria a Ripa avevano donato ai confratelli di San Lorenzo in pieve, ai quali si erano uniti in tale occasione, una tavola con i santi Lorenzo e Antonio da Padova oltre alla statuetta della Madonna Immacolata. Nel periodo post- sacco pare che la Compagnia di San Lorenzo versasse in difficoltà poiché nell’aprile 1544 i suoi priori furono espressamente convocati in curia per non meglio specificati “inconvenienti et scandali occorsi”. Difficoltà sono testimoniate anche dalla Visita Altoviti (1568) annotando il prelato come l’oratorio “deficiit in tabulis” essendo sull’altare solo un grande Crocefisso ligneo, forse quello che tuttora vi si conserva. È probabile che in virtù del precetto arcivescovile i confratelli abbiano poi incaricato, sia pur tardivamente, Girolamo Macchietti affinché vi eseguisse la Gloria di San Lorenzo, datata 1577.
Pag. 111
…
Sin dal 1709, con una coincidenza di tempi che lascerebbe supporre un piano unitario, la Compagnia di San Lorenzo aveva richiesto all’Opera la facoltà di togliere la statuetta dell’Immacolata dalla nicchia nella controfacciata dell’oratorio ponendola presso l’altare in chiesa. Nell’agosto 1712 il podestà concesse pertanto l’autorizzazione per “levare la tavola del San Lorenzo e pietrami e farvi un nuovo altare di stucchi”. Il lavoro prevedeva la demolizione della parete destra “dove sono diverse pitture a fresco di mano di Giovanni da Ponte” in modo da unire la cappella con l’adiacente oratorio tramite un’arcata poi non realizzata. Alla richiesta è acclusa una lettera, anonima e priva di data, in cui l’estensore, mostrando una non comune cultura nel conoscere sia le fonti locali quanto il passo vasariano relativo al pittore tardogotico, si appella a Cosimo III – il quale forse ne restò all’oscuro – implorandolo affinché impedisse la perdita degli affreschi altrimenti “tale notizia renderà gli empolesi degni di riso e di compassione” affermazione significativa poiché si chiede la conservazione di pitture antiche non per motivi di culto, come talvolta è accaduto, ma bensì artistici.
L’accorata supplica, forse opera di un confratello, cadde nel vuoto giungendo lo stuccatore luganese Giovan Martino Portogalli – attivo per chiese e palazzi fiorentini nella prima parte del secolo – “per riconoscere la cappella da farsi”, concludendo il lavoro nel luglio 1715. L’anno seguente fu saldato Giovan Battista Ferretti per la cupoletta con la Gloria dell’Immacolata Concezione tra le prime prove fiorentine del pittore imolese. A conclusione dei lavori – il 6 maggio 17 – la venerata immagine fu traslata nella nuova sede con “una solennissima festa”.