UNA VERGINE ANNUNCIATA di FRANCESCO DI VALDAMBRINO
di Edgard Preston Richardson
da: Bulletin of the Detroit Institute of Arts, vol. 37, no. 1, 1957, pp. 1–3
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Traduzione di Andreina Mancini
Non tutte le scoperte dei tempi moderni hanno a che fare con gli atomi o provengono da un laboratorio di scienze; alcuni sono realizzate nelle arti. Nel 1930 uno studioso italiano, Peleo Bacci, scoprì in un armadio dell’Opera del Duomo di Siena tre busti lignei policromi. Li riconobbe come ciò che restava di una commissione citata negli archivi della cattedrale del 1408.
Gli atti dell’Opera, o Commissione dei Lavori, contengono un ordine dato in quell’anno dal capo del consiglio, Caterino di Corsino, per quattro statuette sedute dei Santi Patroni di Siena, Ansano, Savino, Vittore e Crescenzio. Il nome dello scultore che ricevette l’incarico era Francesco di Domenico di Valdambrino. L’archivio registra anche la consegna delle figure compiute (dorate da Ciusa di Frosino e colorate da Andrea di Bartolo e Benedetto di Bindo) il 26 settembre 1409.
Dei quattro sono sopravvissuti solo i tre busti dei Santi Savino, Vittore e Crescenzio. La ricerca di Bacci, ispirata da questo ritrovamento, produsse nel 1936 la prima monografia mai scritta su uno scultore senese di eccezionale interesse che, nonostante fosse stato amico di Jacopo della Quercia e del Ghiberti, e menzionato dal Vasari, era stato per qualche strana ragione totalmente dimenticato. Sono oggi riconosciute alcune opere di Francesco di Valdambrino.
Ancora una volta è considerato una figura di spicco dell’arte senese del Quattrocento nel periodo di Sassetta e Giovanni di Paolo, e la sua arte forma un parallelo a quella di questi pittori per bellezza di stile e tenerezza di sentimento. Francesco di Valdambrino partecipò, con Ghiberti, Brunelleschi e Jacopo della Quercia, al famoso concorso del 1401-02 per le porte bronzee del Battistero di Firenze, vinto dal Ghiberti. Nel 1406-07 fu a Lucca, lavorando con Jacopo della Quercia ai celebri monumenti di Ilaria del Carretto; gli amorini portatori di ghirlande su un lato della tomba sono suoi. In seguito aiutò Jacopo della Quercia alla Fonte Gaia a Siena, realizzando la statua comunemente nota come Acca Larenzia. Eppure, nonostante abbia lavorato per molti anni con una delle personalità artistiche più importanti del suo tempo su questi monumenti di pietra, Francesco di Valdambrino mantenne la sua indipendenza artistica.
Il legno, non la pietra, era il suo mezzo prescelto; e a differenza dello stile massiccio ed eroico del suo amico, la sua arte fresca e personale era caratterizzata dall’eleganza delle forme e da un sentimento tenero e lirico. Una Vergine da un gruppo dell’Annunciazione di Francesco di Valdambrino, dono generoso dei coniugi Henry Ford II, è il primo esempio della sua opera in America. È un mirabile esempio della sua delicatezza di sentimento e nobile severità di stile, e la sua bella policromia antica conferisce grande fascino al pezzo. Secondo la cronologia dell’opera dell’artista suggerita da Enzo Carli ne La scultura lignea senese (1951) la Vergine di Detroit sarebbe stata eseguita intorno al 1420, all’incirca nello stesso periodo del Gruppo dell’Annunciazione della chiesa di S. Francesco a Pienza, acquisito negli anni ’50 dal Rijksmuseum.
In questo periodo Francesco di Valdambrino rappresenta una fase dell’arte senese che conosciamo nei dipinti del suo contemporaneo Sassetta. L’arte senese era allora ancora abbastanza conservatrice da conservare la grazia lineare dell’arte gotica ma era nello stesso tempo ispirato da un fresco senso della natura.I due impulsi furono per un momento in delicato equilibrio: la grazia facile si univa alla dignità, la naturalezza alla convenzione, la tenera umanità nel sentimento ad un’austera nobiltà di forma. Questa Vergine Annunciata di Francesco di Valdambrino è un esempio della grandezza dello stile che, nei grandi periodi dell’arte italiana, eleva l’espressione dei semplici sentimenti umani al livello dell’atemporale. Abbiamo la fortuna di poter aggiungere una grande rarità, e una grande opera d’arte, alla sequenza della scultura italiana nel nostro museo.