Raramente si raccontano gli incontri d’amore, ed eventualmente a contiguità molto intime. Con il presente volume Valeria Spallino svela pubblicamente il suo incontro con la fotografia di Josef Sudek: un luogo a più stanze calpestate con gli occhi fino a riceverne dentro i sintomi d’una sana folgorazione. L’urgenza, si comprende, è quella del dire, e in tale processo rivelatore si viene a instaurare una interagente ciclicità che dal pretesto/immagine conduce alla parola, per poi quest’ultima andare a costruire un nido di nuove figurazioni d’uguale intensità e trasparenza, con l’unica sovrapposizione di quelle sensazioni che, sebbene vissute con “linguaggi” diversi, tendono a porgere in maniera impalpabile lo stesso carico emozionale. La Spallino sembra ricreare con questi suoi versi perfino le medesime atmosfere della fotografia, penetrando le ombre delle parole, che incarnano da sempre il mistero, e quelle luci, nette o opacizzate, che sanno illuminare il lieto scorrere della poesia.