ID 1313360359214776

LAZZARO RESUSCITATO: SULLA POSIZIONE ORIGINALE

DI UN AFFRESCO DI GHERARDO STARNINA

di Anneke de Vries

De Vries, Anneke. “LAZARUS REVIVED: ON THE ORIGINAL LOCATION OF

A FRESCO BY GHERARDO STARNINA.”

Source: Notes in the History of Art, vol. 26, no. 1, 2006, pp. 1–4. JSTOR, www.jstor.org/stable/23207956.

Traduzione di Andreina Mancini

 

                 Gherardo Starnina, Resurrezione di Lazzaro, particolare.  Museo di Santacroce, Firenze. Foto di Sailko

A Jeanne van Waadenoijen

Il volto degli studi  che si occupano della pittura fiorentina del primo Quattrocento mutò profondamente quando, nel 1974, Jeanne van  Waadenoijen propose che l’anonimo Maestro del Bambino Vispo fosse in realtà l’elusivo Gherardo di Jacopo Starnina.Starnina figura in alcune delle prime fonti di storia dell’arte come un pittore fiorentino che andò a lavorare in Spagna, dove è documentato fra il 1395 e il 1401. Ritornò a Firenze fra il 1401 e il 1404, e si sa che è morto fra il 1409 e il 1413. Per quanto la sua carriera fosse interessante, fino all’identificazione non aveva alcuna opera degna di nota, a parte pochi affreschi rovinati in Santo Stefano a Empoli e in Santa Maria del Carmine a Firenze. Il Maestro del Bambino Vispo, d’altra parte, sembrava essere estremamente prolifico, e somiglianze stilistiche fra le sue opere e ciò che restava degli affreschi di Starnina erano già state notate in precedenza.2

Tuttavia, si pensava che un certo numero di lavori del Maestro potesse essere datato fra il 1415 e il 1422 – cioè dopo la morte di Starnina – cosa che escludeva l’identificazione…. o almeno così sembrava. L’ostacolo principale, e anche il più importante lavoro databile del Maestro, era una pala d’altare perduta che si suppone sia stata dipinta nel 1422 per la cappella del Cardinale Corsini nel Duomo di Firenze. Jeanne van Waadenoijen dimostrò che la pala non poteva provenire dal Duomo e la collegò invece alla descrizione fatta dal Vasari della cappella del Cardinale Acciaiuoli nella Certosa del Galluzzo presso Firenze. Dato che Vasari attribuiva la pala a Fra Angelico, questo plausibile collegamento non era mai stato fatto. Si sapeva che la cappella Acciaiuoli, compresa la pala d’altare, era stata finita intorno al 1408.  Anticipando la datazione della pala di una quindicina di anni, all’epoca in cui Starnina era ancora vivo, non c’era motivo di considerare Starnina e il Maestro come due persone separate, e una significativa quantità di opere stilisticamente affini a Lorenzo Monaco e Lorenzo Ghiberti poteva essere spostata dal periodo dopo il 1415 al primo decennio del quattrocento.

Tuttavia, l’esplosivo aumento dell’attività dello Starnina non porta maggiore chiarezza alla sua produzione. Benché sicuramente correlate, le opere mostrano uno spiacevole grado di diversità stilistica; solo alcune di esse sono databili; cosa e come Starnina dipinse prima di partire per la Spagna resta un mistero; solo una manciata di attribuzioni sono datate durante il periodo spagnolo e  la loro paternità è contestata.3  Inoltre, la nostra conoscenza della posizione originale dei suoi lavori su vasta scala è limitata, ed è anche molto difficile ricostruire la presenza fisica della sua produzione soprattutto a Firenze. Tuttavia, un piccolo pezzo di questo puzzle scomposto – del quale mancano molti pezzi e che probabilmente contiene anche pezzi di altri puzzle – può ora essere messo al suo posto. E ancora una volta è grazie al Vasari.

L’opera in questione è un frammento staccato da un affresco nel museo dell’Opera di Santa Croce a Firenze, che rappresenta la Resurrezione di Lazzaro e misura 93 x 69 cm (Fig.1). Fu attribuito al Maestro del Bambino Vispo da Berenson.4  Rimane solo la parte destra della composizione, ciò che fa della maestosa figura del Cristo l’asse centrale. Dietro di lui i discepoli sono i testimoni dell’evento,  mentre a sinistra  Marta e Maria Maddalena sono inginocchiate in atteggiamento di supplica e di gratitudine. La provenienza di questo affresco è oscura.5 Non ce n’è traccia all’interno di Santa Croce. Ma poiché intorno al 1900 il convento divenne un deposito di opere provenienti da varie chiese di Firenze, è possibile che l’affresco vi sia entrato solo allora.6

Tenendo questo in mente, rivolgiamoci ora al Vasari, in particolare alla sua vita di Agnolo Gaddi. Vasari ci dice che “Lavorò Agnolo nella sua giovanezza in Fiorenza, in S.Iacopo tra’ Fossi, di figure poco più di un braccio un’istorietta di Cristo quando resuscitò Lazero quatriduano, dove, immaginatosi la corruzzione di quel corpo stato morto tre dì, fece le fasce che lo tenevano legato macchiate dal fracido della carne, e intorno agl’occhi certi lividi e giallicci della carne, tra la viva e la morta, molto consideratamente; non senza stupore degl’Apostoli e d’altre figure, i quali con attitudini varie e belle, e con i panni al naso per non sentire il puzzo di quel corpo corrotto, mostrano non meno timore e spavento per cotale maravigliosa novità, che allegrezza e contento Maria e Marta che si veggono tornare la vita nel corpo morto del fratello”.7

Non solo il soggetto è lo stesso, ma la descrizione di Vasari corrisponde all’affresco di Starnina sotto diversi altri aspetti. Le misure corrispondono all’indicazione di Vasari circa le dimensioni delle figure, “poco più di un braccio [58,36 cm]”, e col fatto che chiama la scena una “istorietta”. Soprattutto, l’espressività notata da Vasari (purtroppo specialmente nella parte dell’affresco che è andata perduta) coincide con lo stile vivace di  Starnina – con i suoi tipi facciali spesso idiosincratici – e piuttosto stranamente si richiama alle parole stesse di Vasari nella sua vita del pittore, che, ci racconta, divenne molto rinomato “per avere egli espresso vivamente molti affetti e attitudini non state messe in opera fino allora dai pittori stati innanzi a lui.”Che nonostante ciò Vasari (seguendo il Libro di Antonio Billi e l’Anonimo Magliabechiano)abbia attribuito la Resurrezione di Lazzaro ad un altro pittore è di scarsa importanza se teniamo a mente che dava a Fra Angelico la pala d’altare Acciaiuoli di Starnina.

San Jacopo, che ora appartiene alla Chiesa Evangelica italiana, era una delle trentasei vecchie parrocchie di Firenze. Ma a causa della sua storia movimentata, non è rimasto quasi niente delle decorazioni.10 Quando nel 1848 la parrocchia fu soppressa, ciò che rimaneva degli arredi fu trasferito nelle Gallerie fiorentine.11 Questo è ciò che deve essere accaduto anche per l’affresco di Starnina (o ciò che ne era rimasto). Purtroppo non abbiamo nessuna indicazione di quale fosse la posizione dell’affresco all’interno della chiesa. Per la piccola scala delle figure è improbabile che facesse parte di un ciclo con scene dalla vita di Lazzaro, di Maria Maddalena o di Cristo a decorazione di una cappella. In considerazione sia delle dimensioni che dell’idoneità del soggetto, non è improbabile che l’affresco sia stato commissionato come ex – voto o per esprimere gratitudine dopo la guarigione da una grave malattia. Benché non si conoscano altri esempi del soggetto come rappresentazione indipendente con una funzione simile, questo non significa che la possibilità debba essere esclusa: gli affreschi votivi giunti fino a noi sono, spesso e volentieri, i prodotti di mediocri pittori in ambiti di provincia. Esempi di artisti inventivi come Starnina in chiese nel centro di Firenze sono davvero molto rari.

Se Vasari non ha riconosciuto l’autore dell’affresco, ne ha naturalmente percepito la qualità. Inoltre, il fatto che lo abbia trovato abbastanza importante da descriverlo in maniera tanto elaborata, malgrado la dimensione ridotta, deve aver avuto a che fare con la posizione nella chiesa. Vasari aveva senz’altro familiarità con la decorazione di San Jacopo tra i Fossi, perché viveva in un palazzo in Borgo Santa Croce che è a metà strada fra San Jacopo e Santa Croce. E il suo elogio ha probabilmente avuto un benefico effetto collaterale; senza dubbio l’affresco fu conservato durante le ristrutturazioni dei secoli successivi, grazie all’apprezzamento del Vasari.

NOTE

  1. J. van Waadenoijen. “A Proposal for Starnina: Exit the Maestro del Bambino Vispo?” Burlington Magazine 116 (1974): 82-91.
  2. Berti. Masaccio (Milano: 1964), pp 137-138 n. 152, e L. Bellosi: “La mostra di affreschi staccati, al Forte Belvedere.” Paragone 201 (1966): 73-79, spec. 75-76
  3. Vedere nel catalogo di C. B. Strehlke la voce sulla pala d’altare di Bonifacio Ferrer in Pintura europea Museo de Bellas Artes de Valencia, ed. F. B. Doménech e J. Gomez Frechina (Valencia: 2002), pp. 22-33.
  4. Berenson. “Quadri senza casa: Il Trecento fiorentino”, Dedalo 12 (1932:173-193, spec. 182).
  5. Ved. la voce  nel catalogo di A. Ghetti in I musei di Santa Croce e di Santo Spirito a Firenze, ed. L. Becherucci, (Milano: 1983), pag. 171, e W. Paatz e K. Paatz, Die Kirchen von Florenz, 6 voll.         (Frankfurt am Main: 1952-1955), I, pag. 675 n. 475.
  6. Vedere l’introduzione di Becherucci, cit. pag. 11
  7. G Vasari. Le vite de’ più eccellenti pittori scultori e architettori nelle redazioni del 1550 e del 1568, ed. R. Bettarini e P. Barocchi, 6 voll. (Firenze: 1966-1987). II: Testo, pag. 24
  8. Ibid., pag. 294.
  9. Il Libro di Antonio Billi, ed. F. Benedettucci (Roma: 1991), pp. 43, 116; L’Anonimo Magliabechiano, ed. A. Ficarra (Napoli: 1968), pag. 66
  10. Per la storia della chiesa e la decorazione perduta, ved. Paatz e Paatz, II, pp. 414-419, e F. Vanni, San Jacopo tra i fossi. Le chiese minori di Firenze, n. 3 (Firenze: 2002).
  11. Paatz e Paatz, II, pag. 417.

 

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *