IL DIPINTO ASTRONOMICO
NELLA SAGRESTIA VECCHIA DI SAN LORENZO A FIRENZE
di Jack Wasserman
Titolo originale
The Astronomical Painting in the Old Sacristy of San Lorenzo, Florence
Traduzione di Andreina Mancini, rivista dall’Autore
Pubblicazione sul web a cura di Paolo Pianigiani,
Ringrazio il mio amico Jack Wasserman e la dott.ssa Julia Delith per avermi permesso la pubblicazione di questo articolo. (p.p.)
Questo saggio affronta un mistero. Riguarda un affascinante dipinto astronomico sulla cupolina emisferica nella cappella della Sagrestia Vecchia della chiesa fiorentina di San Lorenzo (figg. 1 e 2). (1) Il dipinto, commissionato da Cosimo de’ Medici (1389-1464) a metà del XV secolo, è configurato in modo tale da rappresentare il cielo come è visto in un particolare giorno nella città di Firenze.(2) Ma a quale scopo? Gli storici ne hanno discusso per decenni senza trovarsi d’accordo sulla spiegazione.
Io proporrò una spiegazione(3) da una nuova prospettiva, basata sulle seguenti ipotesi. Il dipinto sulla cupola e le conchiglie in stucco sui quattro pennacchi della cupola sono collegati fra loro; il dipinto e le conchiglie acquistano una dimensione spirituale grazie alla loro presenza sopra l’altare della cappella; la loro spiritualità ha una componente funebre, dato che la cappella si trova nella Sagrestia Vecchia, dove il padre e la madre di Cosimo erano stati sepolti anni prima in una tomba marmorea situata sotto la grande cupola. Il padre di Cosimo, Giovanni de’ Medici (1360-1428), che finanziò la costruzione della Sagrestia su disegno del Brunelleschi, dedicò la cappella annessa al suo santo patrono, Giovanni Evangelista.
L’affresco della cupola comprende il sole splendente, la luna calante, delle stelle e sei delle dodici costellazioni dello zodiaco, tutte riconoscibili attraverso la loro personificazione tradizionale. Le costellazioni zodiacali sono collocate lungo l’eclittica, il sentiero che il sole percorre annualmente, l’eclittica che è dipinta come una griglia dorata racchiusa fra due linee dorate parallele.(4)
La struttura del dipinto, che ha il dato di come appariva il cielo in un giorno specifico configurato al suo interno, era stata probabilmente individuata da Paolo dal Pozzo Toscanelli (1397-1482), che avrebbe usato un trattato all’epoca conosciuto come le Tavole Alfonsine per ottenere dei dati definiti nel tempo circa la posizione delle stelle e delle costellazioni in un dato giorno.(5)
Per dipingere l’eclittica e le personificazioni zodiacali l’anonimo pittore probabilmente si basò su un globo celeste che adattò alla forma emisferica della cupola.(6) La produzione di globi celesti, iniziata nell’antichità, continuò fino al XV secolo e oltre.(7)
Ma il globo che il pittore scelse era di origine medievale, poiché diverse figure nell’affresco portano armature di quell’epoca.
Dopo le false partenze di alcuni studiosi la restauratrice e storica Isabella Lapi Ballerini fissò nel 4 luglio 1442 il giorno in cui il cielo dipinto nell’affresco era visibile a Firenze.(8) Un’immagine del cielo come fu realmente visto a Firenze in quel momento, registrato dallo Stellarium Planetarium, conferma i suoi risultati (cfr. figg. 4 e 3).(9)
Tuttavia, la tesi della Ballerini secondo la quale questa data è importante perché segnava l’ingresso a Firenze del re di Napoli, Renato d’Angiò, non è stata ben accolta perché in effetti il re arrivò in città dieci giorni dopo.
Storici successivi sembrarono riluttanti ad affrontare ulteriormente la questione fino a quando Dieter Blume, scrivendo nel 2006, introdusse una nuova interpretazione astrologica della data e la ricondusse alla posizione della pittura nella cappella.(10) Un trattato astrologico del XIV secolo intitolato “Matheseos” di Fermico Materno fu all’origine dell’approccio di Blume.(11)
Basandosi su una meticolosa lettura del Matheseos, Blume scoprì la coincidenza di tre date nell’affresco della cupola: le date sono 5 aprile 802, che egli identifica con il giorno della rifondazione carolingia di Firenze, il 27 Settembre 1389, che cita come la data di nascita di Cosimo, e il 4 luglio 1442, che è la data che ora stiamo prendendo in considerazione. Questa data, che in tutti gli studi precedenti è stata considerata come una data importante per Cosimo, per Blume non ha nessun significato di per sé: rispetto alle altre due date mette “davanti agli occhi degli altri membri della famiglia una predizione del saggio Signore (Cosimo) che potrebbe portare alla città grande splendore”. (12)
Io non sono qualificato per valutare la sostanza astrologica della discussione di Blume, benché possa notare che non c’è nessuna evidenza storica che suggerisca che Toscanelli potrebbe aver preferito le Matheseos alle popolarissime Tavole Alfonsine. Inoltre, non trovo convincente la sua teoria che la data del 4 luglio 1442 è priva di significato individuale, poiché sarebbe contro l’evidenza che Toscanelli le dette nell’affresco. Non sono neppure convinto dell’opinione di Blume secondo la quale il dipinto comunica un messaggio politico, cosa che sembra improbabile visto che si trova nell’ambiente spirituale di una cappella di famiglia.
Blume conclude che solo una persona con una profonda conoscenza dell’astrologia sarebbe in grado di riconoscere il “messaggio criptico” della pittura. Confesso di essere fra i non iniziati. Di conseguenza avrò un approccio tradizionale: considero l’affresco come un’immagine astronomica e guardo la data che esso incorpora come il riferimento a uno specifico avvenimento importante per Cosimo. Una dimostrazione a favore di questo approccio è l’importante contributo offerto da Cosimo per l’ampliamento di San Lorenzo quando la chiesa era ancora in stile medievale (fig.5).(13)
Ecco la storia dell’ampliamento: esso consisteva in una nuova costruzione dotata di una cappella principale, un transetto che si estendeva fino alla preesistente chiesa medievale e una sagrestia con annessa cappella privata, la cui cupola Cosimo avrebbe in seguito decorato con il dipinto astronomico (fig.6).
I lavori nella cappella principale e nella Sagrestia Vecchia erano iniziati nel 1422. I lavori nella prima, che i canonici della chiesa stavano finanziando, furono interrotti nel 1425 perché i fondi necessari erano terminati. I lavori della Sagrestia Vecchia continuarono, con la responsabilità finanziaria di Giovanni de’ Medici, finché nel 1428 non furono completati. In seguito non si segnalano altre rilevanti attività di muratura per più di un decennio.
L’interesse di riprendere i lavori fu di nuovo manifestato nell’assemblea del 20 novembre 1440. Il priore aveva convocato l’assemblea allo scopo di incoraggiare i parrocchiani a finanziare la cappella principale e non l’intera costruzione, come gli storici tendono a credere.
Nel verbale dell’assemblea leggiamo che “la cappella dell’altare maggiore iniziata tempo addietro non poteva essere completata a causa delle difficoltà economiche in cui il Priore e il Capitolo si trovavano (…..) e (il priore) infine chiese ed esortò i cittadini della parrocchia affinché portassero a completamento quella cappella a spese dell’intera parrocchia e la portassero a totale completamento”.(14)
Non voglio intendere che il priore non nutrisse la speranza che l’intero lavoro di ampliamento potesse essere finanziato, ma sua preoccupazione immediata era la cassa vuota della parrocchia. Purtroppo per lui, i parrocchiani non risposero all’appello.
Cosimo non era presente all’assemblea ma subito dopo onorò la richiesta del priore accettando di finanziare la costruzione della cappella principale, forse in memoria di suo fratello, Lorenzo, che era morto due mesi prima, il 23 settembre 1440.
Questa era la prima fase di un progetto poi evolutosi in due fasi e non, come generalmente creduto, un unico impegno di finanziare l’intera costruzione. Questo avvenne mesi dopo. Io suggerisco che Cosimo abbia cominciato a finanziare la ripresa dei lavori nella cappella principale nel 1441. Ecco perché.
L’ultimo giorno di quell’anno, il 24 marzo 1441 (secondo il calendario fiorentino),(15) Cosimo pagò 496 lire per spese incontrate nei mesi precedenti per lavori in San Lorenzo. Secondo Isabella Hyman, sulla base di un libro mastro che Cosimo teneva per San Lorenzo, il pagamento, era “per scoprire la chava del macignio di Trassinaia e per fare sbozare pietra e conducierne 1° parte a San Lorenzo”.(16)
Le pietre sbozzate erano condotte (conducierne) alla chiesa per costruire la cappella principale, visto che in quel momento non era in costruzione nessun’altra parte dell’edificio. Mesi dopo il pagamento del 24 marzo 1441 Cosimo firmò un contratto, durante un’assemblea convocata dal priore per il 13 agosto 1442, che lo impegnava a finanziare non solo della cappella principale, ma anche dell’intero transetto.(17) Questo dava inizio alla seconda fase dell’impresa.
Cosimo deve aver preso la decisione di sottoscrivere questo progetto più ampio durante i quasi cinque mesi che separano il pagamento del 24 marzo 1441 dall’assemblea del 13 agosto 1442. Suggerisco che questo sia accaduto il 4 luglio 1442, data configurata nell’affresco.
Il ritardo di un mese rispetto all’assemblea di luglio potrebbe essere stato il risultato di una condizione straordinaria imposta da Cosimo in cambio del suo finanziamento del progetto: avrebbe dovuto essere un luogo di sepoltura esclusivamente per lui e per la sua famiglia.
Questa condizione fu accettata con riluttanza dal priore, dal capitolo e dai parrocchiani durante l’assemblea di agosto ma solo “dopo molte e prolungate negoziazioni fra di loro e consultazioni e conferenze”. L’edificio divenne effettivamente una cappella funeraria dei Medici nella quale Cosimo e i suoi discendenti venivano alla fine sepolti.(18)
Cosimo e i suoi discendenti furono quindi sepolti lì.(19)
Quindi ritengo probabile che Cosimo abbia immortalato nel dipinto la data del 4 luglio 1442 come giorno in cui ha creato una cappella funeraria di famiglia nella parte nuova della chiesa, perché secondo lui questo rendeva lui e i suoi discendenti idonei a ottenere la grazia di Dio. In effetti il dipinto rappresenta l’Autorità (Imperium), riconoscibile dal cielo blu pieno di astri.
Questa è un’immagine familiare nei baldacchini e nei dipinti del Medioevo e del Rinascimento e può essere assimilata alle tante stelle sparse su sfondo azzurro nell’affresco di Giotto sulla volta della cappella Arena a Padova.
Così, come nel credo cattolico la rappresentazione grafica di immagini sacre incarna le sante figure che essa rappresenta, per Cosimo, suppongo, la pittura rappresentava il dominio di Dio. E’ lì che le anime dei suoi genitori defunti, sepolti nella Sagrestia, avevano raggiunto la vita eterna e dove la sua anima e le anime dei suoi discendenti, con la sepoltura nella chiesa, sarebbero stati accolti in Cristo.
Questo mi fa pensare che collocando il dipinto con la data cruciale sulla cupola della cappella nella Sagrestia Vecchia, Cosimo intese unire la funzione funeraria del nuovo edificio alla funzione funeraria della Sagrestia, dove seppellì i suoi genitori in una tomba marmorea sotto la grande cupola.
Credo inoltre possibile che Cosimo intendesse le conchiglie sui pennacchi della cupola come mezzo per favorire la salita sua e della sua famiglia al cielo che è simulato nel dipinto.(20) Spiegherò ciò che penso a proposito della funzione delle conchiglie come segue: conchiglie rappresentate su pennacchi non si vedono nell’architettura sia religiosa che secolare prima della loro introduzione nella cappella della Sagrestia Vecchia.
Riapparvero in una replica esatta, insieme a una copia del dipinto sulla cupola, solo una volta e non molto tempo dopo, sulla cupola della cappella Pazzi nella chiesa fiorentina di Santa Croce.(21)
L’unica comparsa delle conchiglie, che io identifico come simboli di pellegrinaggio, e la loro stretta vicinanza fisica al dipinto della cupola, come l’Autorità, nella cappella della Sagrestia Vecchia, sembrano progettate perché abbiano una funzione all’unisono. Ma queste conchiglie sono realmente simboliche?(22)
A prima vista, le loro forme curve e le scanalature regolari sulla superficie offrono un fascino ornamentale. Tuttavia io le considero simboliche ed esplicitamente spirituali poiché esse sono applicate su pennacchi situati in un ambiente sacro.(23)
Dei pennacchi in un simile ambiente inevitabilmente caratterizzano un soggetto di natura religiosa: per esempio, le scene della vita di San Giovanni Evangelista sono illustrate sui pennacchi decorati da Donatello dietro suggerimento di Cosimo, nell’area principale della Sagrestia Vecchia (fig.1). Donatello potrebbe essere stato influenzato dall’aspetto dei quattro evangelisti sui pennacchi nel Battistero medievale di Padova, un edificio di solito citato come modello per il progetto di prospetto della Sagrestia.
Un esempio più aderente è la conchiglia sul vestito del commensale, a sinistra di Cristo nella Cena in Emmaus del Caravaggio, una conchiglia che identifica i commensali come pellegrini.(24)
Benché sia datato di un secolo più tardi rispetto alla decorazione della Sagrestia Vecchia, il dipinto di Caravaggio testimonia la diffusa identificazione delle conchiglie come simboli di pellegrinaggio. Il simbolismo deriva dagli ardui pellegrinaggi che gli Europei compivano verso la Cattedrale di Santiago di Compostella in Spagna.(25)
La Cattedrale di Compostella era il centro del culto dell’Apostolo Giacomo il Maggiore, verso la quale i pellegrini viaggiavano nella speranza che il loro lungo e strenuo cammino verso quel sacro luogo ottenesse loro l’assoluzione. Leggiamo nel Liber Sancti Jacobi (Libro di San Giacomo) dell’inizio del XII secolo:
“Ed è veramente retto e giusto che uno che ha cercato un così grande apostolo e un così grande uomo in una così remota regione con fatica e difficoltà possa ricevere con San Giacomo la corona nella terra celeste.”(26)
L’associazione di San Giacomo con le conchiglie deriva dal seguente episodio della sua storia: un cavaliere col suo cavallo, che il santo aveva salvato dall’annegamento, era riemerso sano e salvo dall’acqua, con il corpo coperto da molti di questi molluschi.
Le conchiglie avevano un altro importante ruolo nei pellegrinaggi verso Compostella: esse costeggiavano tutte le vie di pellegrinaggio che convergono sul luogo santo, del quale le scanalature sulla superficie delle conchiglie, convergenti sulla punta, sono la metafora. Queste conchiglie guidavano i pellegrini lungo il percorso verso la Cattedrale dove la divina benedizione del santo li avrebbe attesi.
Naturalmente Caravaggio intese le conchiglie come simboli di pellegrinaggio, come avrebbe fatto Cosimo con i pellegrini fiorentini che portavano a casa conchiglie dal santuario di San Giacomo in ricordo dell’esperienza spirituale della quale erano stati partecipi.(27)
Concludo che le conchiglie sui pennacchi della Sagrestia Vecchia sono impregnate di simbolismo del pellegrinaggio e interagiscono con esso e col vicino affresco della cupola, che significa l’Autorità, per guidare le anime dei pellegrini, di Cosimo e della sua famiglia, dopo la sepoltura nella chiesa, verso il santuario dove otterranno la redenzione.(28)
Jack Wasserman
Sommario
Il mio interesse in questo saggio è rivolto al dipinto astronomico sulla cupola emisferica della cappella nella Sagrestia Vecchia di San Lorenzo a Firenze. Il dipinto, commissionato da Cosimo de’ Medici a metà del XV secolo, raffigura il cielo come era visibile il 4 luglio 1442. La storica Dale Kent nel 2000 riconobbe che i tentativi per spiegare il significato della data sono sbagliati e concluse con la speranza che “in qualsiasi momento qualche studioso potrebbe scoprire un avvenimento di significato più convincente per Cosimo.”
Il mio scopo in questo articolo è di esplorare un avvenimento che potrebbe giustificare il suo ottimismo. Io sostengo che nella data in questione Cosimo accettò di finanziare la costruzione di un nuovo transetto con i suoi usuali componenti di Sagrestia e cappella principale allo scopo di ampliare l’esistente chiesa romanica di San Lorenzo. Prima finanziò la costruzione della cappella principale, nel 1441, e il 13 agosto 1442 firmò un contratto che lo vincolava a finanziare la costruzione dell’intero transetto.
Tuttavia, durante i mesi fra le due date egli impose una condizione eccezionale alla sua offerta di finanziare l’impresa più elaborata. L’edificio doveva essere luogo di sepoltura esclusivo suo e dei suoi discendenti, in effetti creando un sepolcreto Medici in quella parte della chiesa. In realtà là sono sepolte molte generazioni di Medici.
Per questa ragione Cosimo immortalò nel dipinto la decisione presa il 4 luglio 1442. Tuttavia il dipinto ha una funzione di per sé che incorpora quella importante data. Secondo me Cosimo intendeva che la cupola dipinta significasse l’Autorità (Imperium), dominio di Dio, e che fosse in armonia con le quattro conchiglie a stucco applicate sui pennacchi. Le conchiglie, che io credo simbolizzino il pellegrinaggio, avrebbero guidato le anime di Cosimo e dei suoi discendenti verso il cielo, dove essi speravano che sarebbe stata concessa loro la vita eterna.
Note
1 Matthew Newby, Professore Assistente di istruzione in Fisica alla Temple University, sta preparando uno studio dell’aspetto astronomico della pittura celeste. Lo ringrazio per i suoi consigli nella preparazione di questo articolo. Sono anche molto grato a Carol Lewine per la sua attenta e preziosa correzione dell’articolo.
Ringrazio tantissimo Andreina Mancini e Paolo Pianigiani per la traduzione eccellente dei mio articolo.
Qui elencata la bibliografia recente relativa all’emisfero dipinto: Parronchi 1979; Battisti 1981, pp. 354–355; Parronchi 1984; Ballerini 1986, pp. 75–85; Ballerini 1987, pp. 50–52; Forti 1987, pp. 5–14; Ballerini 1988, pp. 321–355; Ballerini 1989a, pp. 113–166; Ballerini 1989b, pp. 102– 112; Beck 1989, pp. 9–35; Ballerini 2007, pp. 29–39; Forti 1996, pp. 651–654; Gramigna 2002, pp. 589–594; Blume 2006, pp. 149–164.
2 La pittura della cupola fu un ampliamento della campagna decorativa nella quale Cosimo impiegò Donatello, intorno al 1429, nella zona principale della Sagrestia. Per la decorazione di Donatello, vedi Janson 1963, pp. 132–140.
3 Vedere la nota 1 per la letteratura.
4 L’identità delle costellazioni zodiacali, leggendo dalla nostra destra, sono Ariete, Toro, Gemelli, Cancro, Leone e Vergine. Le loro personificazioni sono un ariete, un toro, due figure maschili, un granchio, un leone e una figura femminile. Il trattamento delle due figure maschili è inaspettato. Sono seduti e vestiti piuttosto che in posizione verticale e nuda, come sono su molti globi quando rappresentano Castore e Polluce. Uno è identificabile come Ercole dalla pelle di leone che si trova sul suo grembo, l’altro, vestito con una semplice tunica, deve essere il suo fratellastro Apollo. Forse il pittore lo prese dal globo che era servito come fonte per la sua pittura.
5 Le Tavole Alfonsine furono composte a metà del XIII secolo e presero il nome dal loro sponsor, il re Alfonso X di Castiglia. Molte copie del manoscritto furono fatte prima della sua pubblicazione, avvenuta nel 1483.
6 L’identità del pittore è sconosciuta, anche se da più parti si fa il nome di Giuliano Pisello, artista anonimo della scuola di Paolo Uccello, e di Giovanni Battista Alberti. Vedi Parronchi 1984; Gramigna 2002, p. 589, n. 2 e Beck 1989, pp. 9–35.
7 Per una discussione sui globi celesti, vedere Clench 2011, pp. 70–80. Esempi di antichi globi Romani sopravvissuti sono l’Atlante Farnese in marmo e il globo di bronzo Messing a Magonza. Per una discussione e una illustrazione di entrambi, vedere Künzl 1998, figg. 1 e 6. Lo scultore del XIV secolo, Andrea Pisano, comprende un globo in rilievo del campanile di Firenze, ora conservato nel Museo dell’Opera di Santa Maria del Fiore di Firenze (vedi Dekker 1999, fig. 8:13).
8 E’ stato reso possibile accertare la data rappresentata nel dipinto nel 1986, in occasione del suo restauro (Ballerini 1986, pp. 75–85). I dati astronomici su cui Lapi Ballerini si basava per la sua identificazione della data, sono stati formulati da Giuseppe Forti, astronomo associato all’Osservatorio di Arcetri a Firenze (vedi Forti 1996, pp. 5–14). Precedenti sforzi per accertare la data furono fatti da AbyWarburg, che ha scritto nel 1911, che scelse il 9 luglio 1422, sull’erronea ipotesi che segna il giorno della consacrazione della cappella principale di San Lorenzo (che in realtà ebbe luogo nel 1461). Gertrude Bing nel 1932 suggerì il 6 luglio 1439, come data, perché segnava la ratifica dell’unione delle chiese latine e greche alla conclusione del Grande Concilio di Firenze. Patricia Fortini Brown nel 1981 accetta la conclusione di Bing. Alessandro Parronchi, nel 1979, opta per la data 16 luglio 1416, ipotizzando che celebri la nascita del primo figlio di Cosimo, Piero. Per queste interpretazioni della volta celeste, vedere Ballerini 1988, pp. 321–355.
9 Ringrazio Matthew Newby per aver portato il software alla mia attenzione.
10 Blume 2006, pp. 149–164.
11 Ibid, pg. 154.
12 Ibid, pg. 157.
13 Il desiderio di allargare la vecchia chiesa era stato a lungo nell’aria, e si concretizzò nel 1418. Il Priore precedente aveva inviato una petizione al governo fiorentino per avere il permesso di demolire diverse case in modo da permettere l’erezione di un edificio indipendente, per espandere la bellezza e le dimensioni della vecchia chiesa. Per il testo della petizione, vedere Cianfogni 1804, p. 228.
14 Per una traduzione in inglese del documento, vedere Battisti 1986, p. 368, nota 15.
15 Il moderno calendario gregoriano è stato introdotto nel 1582, con il 31 dicembre come la fine dell’anno.
16 Archivio del Capitolo di San Lorenzo in Firenze, Ms. 2301, carta 3. Hyman 1977, p. 431 trascrive la frase piuttosto come faccio io nel testo come “per fare scoprire la chava del macigno di Trassinaia e per fare ebozare priete e conducierne 1° parte a San Lorenzo”. Vuole dire che le pietre sono state condotte a San Lorenzo. Ma a pagina 315 Hyman sbaglia quando trascrive l’ultima parole della frase come “conducierne 1° parte di [sbagliato] San Lorenzo”. Per lei significa che le pietre venivano tagliate nella cava per procedere con la costruzione di una parte di San Lorenzo. Cosa succedeva con le altre pietre tagliate nella cava? Credo che venissero spedite alla chiesa in un secondo momento, cominciando dal 17 maggio 1442, un mese dopo il pagamento di fine anno del 24 marzo 1441 (ibid, p. 431).
17 Per una traduzione inglese del testo del contratto, vedere Battisti 1981, p. 368, nota 16.
18 Secondo Hyman 1977, p. 318, la nuova costruzione è iniziata “scavando le fondamenta dei pilastri della crociera e costruendo le pareti perimetrali dell’abside e del transetto”.
19 Cosimo fu sepolto ai piedi dell’altare maggiore, i suoi figli sepolti in un monumento sepolcrale inserito nel muro, tra la Sagrestia Vecchia e la vicina cappella medicea dei Santi Cosma e Damiano, i suoi nipoti nella Sagrestia Nuova di Michelangelo e, nel XVIII secolo, i Duchi Medicei nella Cappella dei Principi. Per un disegno completo della chiesa, vedi Wasserman 2017, p. 260, pl. 11–14.
20 Shearman 1961, p. 140, interpreta la cupola nella Cappella Chigi del XVI secolo come raffigurante il regno dell’anima dopo la morte, suggerendo che i segni dello zodiaco rappresentato in esso simboleggiano il passare del tempo nell’eternità.
21 Per una discussione comparativa dei due dipinti, vedi Ballerini, 1988, pp. 321–355. La famiglia Pazzi, che possedeva la cappella, non avrebbe avuto motivo di presentare una data personale di Cosimo. Probabilmente copiarono il dipinto e le conchiglie sulla cupola della cappella di Santa Croce per il loro potere di consentire la salvezza dopo la morte.
22 Gabriele Blumenthal la pensa così. Secondo lei, “La conchiglia è […] legata ai principi cosmologici, alla luna e alle sue fasi, all’acqua e, quindi, al processo ciclico di nascita, morte e rinascita”. Vedere Blumenthal 1986, p. 9. Blumenthal afferma inoltre: “Potrebbe anche significare la rinascita dell’Età dell’Oro e del suo sovrano, o potrebbe significare la rinascita di Octovianus Augusto”.
23 Da segnalare altri esempi di conchiglie dal significato simbolico: le tombe Jeanne de Bourbon al Louvre (quarto secolo), Parigi, e Giovanni Crivelli di Donatello nella chiesa di Santa Maria in Aracoeli, Roma (1432–1433), in entrambe le conchiglie a forma di baldacchini raggiungono sopra le teste le figure supine (Panofsky 1992, figg. 347 e 308); un primo sarcofago cristiano che mostra un agnello fiancheggiato da due grandi croci e con un’imponente conchiglia sopra l’animale (Saxl 1957, vol. 2, pl. 336); la tomba dell’artista Fra Filippo Lippi nella Cattedrale di Santa Maria Assunta, Spoleto, che presenta il suo busto ritratto inserito in una conchiglia (Holmes 1999, fig. 147); gli stemmi dei duchi Medici nella Cappella dei Principi; infine, Papa Benedetto XVI (2005-2013) include conchiglie nel suo stemma e sui suoi paramenti ecclesiastici e si riferisce alla conchiglia nello stemma specificamente come “un segno del nostro pellegrinaggio” (Ratzinger 1998, pp. 67 e 153). Molti stemmi britannici includono conchiglie (Bellew 1957). Un ultimo esempio: l’Edicola nella chiesa del Santo Sepolcro a Gerusalemme. Costantino costruì l’Edicola nel IV secolo come tomba di Cristo. Anche se una conchiglia non è presente in questo edificio molto restaurato, la sua esistenza può essere dedotta dall’aspetto di una conchiglia nell’abside di una replica in miniatura del V secolo della struttura di Narbonne. Il modello Narbonne è stato accettato come una copia autentica dell’Edicola, perché precede il primo restauro dell’originale di tre secoli (Wilkinson 1972, pp. 83–97; Lauffrey 1962, pp. 199– 217; Morris 2005, p. 63).
24 Per un’illustrazione del dipinto di Caravaggio, vedere Spike 2001, p. 117. Spike (ibid, p. 116) si riferisce ai due apostoli della pittura di Caravaggio come pellegrini, ma senza menzionare la conchiglia. Walter Friedlaender (Friedlaender 1955, p. 164) si riferisce a Cristo come un pellegrino, ma anche lui trascura di menzionare la conchiglia.
25 Dante nella Vita Nova, nomina Santiago de Compostela come uno dei tre luoghi di pellegrinaggio. Ovviamente, gli altri sono Roma e Gerusalemme. Per questo, vedere Waldron 1979, p. 646.
26 Vedere ibid., p. 39, per una discussione del sermone Venerande Dies nel Libro 1 del Liber Sancti Jacobi (CodexCalixtinus). Vedi anche Melczer 1993, p. 2f. e Whitehill 1944.
27 Veniamo per la prima volta a conoscere la partecipazione dei fiorentini ai pellegrinaggi a Compostela da Allaire 1998, pp. 177–189. Allaire si riferisce anche alla descrizione del percorso di pellegrinaggio a Compostela nel Guerrino Meschino, un romanzo cavalleresco molto popolare di Andrea da Barberino, composto a Firenze nella prima metà del XV secolo e sicuramente noto a Cosimo e a suo padre. Cfr. anche Stopani 2001, pp. 73–76. Cfr. ibid., pp. 27–31, per una discussione sulla diffusione del culto di San Giacomo il Maggiore in Italia. Immagino che Cosimo sia stato influenzato anche nella sua scelta di conchiglie dal riferimento biblico a Giacomo il Maggiore come fratello del santo patrono di suo padre, Giovanni Evangelista.
28 Vedere Brockhaus 1901, pp. 25–26, per una diversa interpretazione del rapporto tra la pittura a cupola e le conchiglie. Cox 1957, p. 48, si avvicina alla mia interpretazione delle conchiglie. Egli ritiene che le conchiglie in generale possano “incarnare il pensiero del viaggio verso l’ignoto o della risurrezione dopo la morte”. Tuttavia, egli non approfondisce questa idea né fa riferimento specifico alle conchiglie della Sagrestia Vecchia.
29 Kent 2000, p. 293.
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Isabella Lapi Ballerini: Il planetario della Sagrestia Vecchia, in: Umberto Baldini e Donatella Valenti (Eds.): Brunelleschi e Donatello nella Sagrestia Vecchia di San Lorenzo, Firenze 1989, pp. 113–166.
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