La mostra del Cigoli a San Miniato del 1959
L’intervento di Dilvo Lotti
(Dal Catalogo, pag. 233)
La Mostra del Cigoli poteva e doveva essere un motivo per recuperare alla collettività un patrimonio di grandissimo interesse si trattava di riattivare un capitale: sia sul piano critico, che su quello economico, perseguendo un arricchimento di valori.
Naturalmente si poteva fare meglio avendo a disposizione due anni di lavoro, o più, invece di uno, ed avendo almeno capitale almeno triplo di quanto è stato raccolto con gran fatica dagli organizzatori.
Per restaurare le opere del Cigoli e del suo ambiente, si è speso all’ incirca un milione, recuperando testi di grande bellezza.
Pale come quella di Marti, di Matteo Rosselli; in stato di estrema usura, risultano, nella possente composizione di natura masaccesca, di un estremo interesse e come si fa a pensare di non salvarle a Mostra finita !
Straordinaria cosa sarebbe stato risuscitare il “corpus” presentato nella sua versione nativa; ecco it nostro rimorso : cosa sarebbero state certe opere di intonazione grigio argentea, quale si intravedono sotto la deturpazione delle vernici, se fosse stato possibile estrarre, con accorte cure, le composizioni nella loro stesura originale ?
Un periodo creduto sporco, e buio, ci avrebbe sorpreso per la sua audacia e pulizia cromatica.
Basta rendersi conto sui testi dei raggiungimenti conseguiti dai collaboratori del Dott. Procacci, Direttore del Gabinetto Restauri per la Soprintendenza di Firenze : Attilio Balatri, Gilberto Bisi, Edo Masini, Sergio Taiti, Ermanno Toschi, Renzo Turchi, ed avere sott’occhio i recuperi indicativi di Niccolina Carusi e Luciano Gazzi, per il Gabinetto Restauri della Soprintendenza di Pisa, per sentire non dico il rimorso, ma il profondo rincrescimento per i risultati non potuti perseguire indipendentemente dalla nostra volontà.