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Il Vetro Empolese

dall’Artigianato al Design

 

di Stefania Viti Pagni

da:

 

“Le vie del vetro”

per una storia tra Valdelsa e Valdarno

 

Atti dell’incontro di Studio Empoli, 10 Maggio 1997

 

Centro Documentazione Vetro

Empoli

 

La produzione vetraria empolese è nota per i suoi tipici vetri verdi usati per l’imbottigliamento del vino e dell’olio. Il caratteristico verde è dovuto alle sabbie ferrose usate, fino a qualche decennio fa, nella composizione vitrea, sabbie provenienti dal bacino dell’Arno e da Torre del Lago in Versilia1.

In verde, mezzo bianco e bianco sono stati prodotti, fino dai primi decenni del ‘900, gli articoli cosiddetti di bufferia toscana: fiaschi, bottiglie, vasi, flaconi per uso casalingo, sanitario-farmaceutico e per l’industria alimentare. È in questa categoria di oggetti che nasce e si sviluppa il gusto per l’estetica2.

L’artistico empolese compare per la prima volta presso la vetreria Taddei, una delle più grandi vetrerie toscane degli anni trenta e quaranta con i suoi tre stabilimenti di Empoli, Figline e San Giovanni Valdarno. Servizi completi per la tavola e vasi per l’arredamento in vetro verde sono la prima espressione di artisticità del vetro di Empoli.

Una ricerca del bello derivata, in via del tutto naturale, dalla bufferia, da un interesse per le forme della tradizione toscana e da un forte desiderio di conquistare il mercato italiano con forme originali e moderne3.

Fino al 1925 non esisteva ad Empoli nessuna vetreria artistica; dal 1928 la vetreria Taddei ebbe una sua sala di esposizione dei vetri artistici.

La produzione era assai articolata: dai servizi per la tavola ai vasi da ornamento, alle statuette e ai lampadari in vetro verde e colorato, in stile antico e in stile veneziano. Taddei esponeva i suoi vetri alle mostre internazionali di Milano, Tripoli, Lipsia, Barcellona e ne faceva puntualmente pubblicità sulle pagine della rivista di arti decorative “Domus”4.

 


VITI 1996a; VITI PAGNI 1998

2 Sullo sviluppo della produzione vetraria empolese VITI 1992/1993

3 VITI 1996b

4 Per l’analisi delle vicende espositive e pubblicitarie della vetreria Taddei VITI 1992/ 1993, cap. IV


 

Ben presto ai vetri all’antica si affiancarono alcuni vetri caratterizzati dal forte spessore e dalle forme sobrie, semplici ed essenziali. La Taddei presentò così i suoi vetri grossi alla Triennale di Monza del 1930 ed essi vi apparvero come una delle novità della mostra.

Tali vetri possedevano un’esclusiva originalità poiché manifestavano i caratteri propri della manifattura che li aveva prodotti, perfezione tecnica e modernità di concezione.

Pur mantenendo insito quel carattere di rusticità tipico del vetro empolese, l’architetto Gio Ponti colse nei vetri Taddei la sintesi di quanto si auspicavano gli architetti italiani per il rinnovamento delle cosiddette arti applicate: bellezza delle forme derivate dalla qualità della materia; forme sincere, prive di sovrastrutture, eleganti e funzionali; un processo di produzione di tipo industriale ed una commercializzazione a prezzi accessibili a tutti5.

Erano questi i principi di un moderno industrial design, già una realtà in Inghilterra, Germania e Francia, ma ancora una ricerca in corso nel nostro paese. I vetri Taddei erano uno dei prodotti industriali italiani più vicini a tali principi.

Essi affondavano le radici nella tradizione empolese del vetro da bufferia; le forme erano in parte condizionate dalla rapidità di esecuzione imposta dal tipo di vetro, un vetro “corto” com’è appunto il verde Empoli6; la vetreria, infine, provvedeva alla massima divulgazione del prodotto mediante campagne pubblicitarie su riviste, l’apertura di negozi di vendita in proprio nelle più grandi città italiane e la partecipazione alle mostre nazionali ed internazionali di arti decorative e di artigianato.

Una risposta sollecita fu data dalla vetreria empolese anche all’invito, rivolto da Gio Ponti nel 1932 alle industrie italiane, con il quale si chiedeva di qualificare le produzioni nazionali attraverso la collaborazione con gli artisti e gli architetti7.

La Taddei affidò il disegno di due servizi da tavola all’architetto Diego Carnelutti, per alcuni vasi si rivolse ai disegnatori Puppo e Gambetta, e lo stesso Ponti disegnò, verso il 1950-1951, alcuni vetri per la tavola (figg. 1 – 4)8.

 


5 I concetti generali sui caratteri della produzione industriale moderna sono illustrati, a più riprese, sulla rivista “Domus”. Il primo articolo è del 1929 in previsione della Triennale di Monza del 1930, Il programma 1929.

6 Una delle peculiarità del vetro verde è il suo rapido raffreddamento, che avviene in un intervallo di tempo molto più breve di quello del vetro bianco. Per questo motivo, in riferimento cioè ai tempi di lavorazione, si usano gli aggettivi corto per il vetro verde e lungo per il vetro bianco. In gergo vetrario empolese il vetro verde “secca alla svelta”, ossia si raffredda rapidamente, VITI PAGNI 1998

7 PONTI 1932, p. 323

8 “Domus”, V, 56, 1932, p. 48; FELICE 1937, p. 21; “11 Vetro”, 1, 1-2, 1938, p. 7; vetri alla 9a triennale 1952, p. 76


 

Negli anni 1951-1954 una grave crisi colpì la vetreria Taddei, la sua produzione, gli operai, la Società stessa, fino a determinarne la chiusura. I vetrai, rimasti senza lavoro, reagirono aprendo nuove vetrerie artistiche nelle quali furono rimessi in produzione gli articoli della Taddei.

Per tutti gli anni cinquanta e sessanta dalle numerose vetrerie empolesi uscirono servizi per la tavola ed oggettistica per l’arredamento in vetro verde, bianco, colorato ed in cristallo.

I più importanti mercati per il vetro empolese furono quello americano, in particolare gli Stati Uniti e il Canada, e Murano; seguirono l’Europa, l’Oriente, il Sud Africa e l’Australia. La lavorazione semiautomatica trovò sempre maggiore impiego nelle vetrerie di Empoli nel corso degli anni settanta, anni in cui declinò progressivamente la lavorazione del vetro verde.

Fu questo un periodo molto difficile, durante il quale la forte concorrenza straniera mise a dura prova le strutture dirigenziali e gli impianti delle vetrerie empolesi causando, tra la fine degli anni settanta ed i primi anni ottanta, la chiusura di molte di esse ed il crollo occupazionale del settore9.

Oggi nel panorama vetrario empolese si collocano tutte le lavorazioni del vetro: l’artistico soffiato a bocca e lavorato completamente a mano, l’oggettistica in vetro prodotta in semiautomatico e in automatico nonché le seconde lavorazioni volte alla rifinitura e decorazione del vetro a freddo, con ricottura, oppure con montature di vario genere; infine la lavorazione delle lastre di vetro per l’arredamento.

E in alcune vetrerie, in parte o totalmente meccanizzate, che il designer trova posto per volontà stessa dell’azienda è il caso della Vetreria Etrusca e della CIVE.

La Vetreria Etrusca di Montelupo Fiorentino ha instaurato una collaborazione con l’artista Giorgio Bessi fino dagli anni sessanta. Specializzata nella produzione automatica di fiaschi, bottiglie e contenitori diversi per alimenti, l’Etrusca trae dalla tradizione locale del vetro di bufferia e dall’impagliato di lusso l’interesse per le forme decorative.

A Giorgio Bessi, ceramista di professione, abile caricaturista ed esperto scultore ha chiesto di tradurre in modelli le idee nate all’interno dell’azienda. Bessi ha realizzato con la creta, materia a lui più congeniale, i prototipi per bottiglie figurate che, una volta perfezionati, l’Etrusca ha messo in produzione (tav. 5).

 

Tav. 5) Grande bottiglia a forma di cane. Vetreria Etrusca, Montelupo Fiorentino, anni 70. Collezione privata

 

La collaborazione con l’artista si è rivelata assai preziosa, tanto che Bessi è stato assunto stabilmente presso la vetreria in qualità di disegnatore, caso unico nel suo genere per le vetrerie locali.

L’importanza del disegnatore nel processo creativo del pezzo e nella vita della vetreria è stata pubblicamente riconosciuta apponendo sugli oggetti la firma dell’artista accanto al marchio della vetreria. Bessi si può definire un vero designer: è stato un produttore ed un trasformatore di idee artistiche in modelli riproducibili all’infinito e, per svolgere al meglio il suo compito, ha deciso di approfondire le sue conoscenze sul vetro per interpretarne la sua materialità e le sue trasparenze in oggetti d’uso e nella pura oggettistica10.

La CIVE, Cooperativa Industria Vetro Empoli, in attività fino dal 1950, progetta la maggior parte degli articoli da lei prodotti all’interno dell’azienda. Realizza i suoi vetri con sistemi diversi: completamente a mano, in semiautomatico ed automatico.

 

Tav. 6a)

 

Tav. 6b) Vetri CIVE su disegno di Antonio Rosi, 1995

 

Una produzione varia di vetri per la tavola e l’arredamento in cui ha trovato posto, negli ultimi anni, anche l’intervento del designer (tav. 6). La sua presenza si concretizza in due sensi: l’azienda si rivolge a lui per progettare un nuovo articolo oppure il designer, di sua iniziativa, propone uno o più progetti all’azienda.

In un panorama della vetraria artistica locale in cui difficilmente si realizza il connubio fra il disegnatore specializzato e la vetreria, la CIVE è una delle poche aziende in cui ciò avviene e dove il marchio di fabbrica è affiancato dal nome del designer.

Una vetreria che ha deciso, come avvenne ai tempi della Taddei, di avvalersi di questa figura professionale per conferire i necessari input qualificanti al proprio prodotto11.

 


           9 VITI 1997

10 Notizie fornite da Giovanni Bartolozzi, proprietario e direttore della Vetreria Etrusca di Montelupo Fiorentino

11 VITI – BUGLI 1989


 

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