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IL GRAFFIONE

di H. P. HORNE

da: Burlington Magazine, Vol. VIII, pag. 189

Ottobre 1905 – Marzo 1906

(Traduzione di Andreina Mancini)

Vasari è il primo scrittore d’arte fiorentina ad aver lasciato qualche cenno sul Graffione. Nella prima edizione delle “Vite”, tra le note su Alesso Baldovinetti, egli afferma che

«Il Graffione fiorentino suo discepolo sopra la porta dell’Innocenti fece a fresco il Dio Padre con quegli angeli che vi sono ancora. Dicono che il magnifico Lorenzo de’ Medici, ragionando un dì col Graffione, che era uno stravagante cervello, gli disse. – Io voglio far fare di mosaico e di stucchi tutti gli spigoli della cupola di dentro – e che il Graffione rispose. – Voi non ci avete maestri -. A che replicò Lorenzo – Noi abbiamo tanti danari, che ne faremo – Il Graffione subitamente aggiunse – Eh! Lorenzo, i danari non fanno i maestri, ma i maestri fanno i danari.»

Il Graffione era una persona eccentrica e bizzarra, che non mangiava mai a un tavolo coperto da altro che dai fogli dei cartoni che realizzava, e non dormiva mai in un altro letto che non fosse una cassa piena di paglia e senza lenzuola 1 .

L’affresco a cui allude il Vasari è ancora visibile nella lunetta sopra la porta della chiesa degli Innocenti, sotto la loggia del Brunelleschi. È in un discreto stato di conservazione, ed è stato restaurato gratuitamente dal Prof. Antonio Marini nel secolo scorso.2

Tuttavia rimane abbastanza del suo carattere originale per dimostrare che non solo è un’opera della scuola di Baldovinetti, ma che si avvicina così tanto alla sua maniera, che potrebbe essere stata eseguita  da un cartone  di quel maestro.

Il signor Giovanni Poggi mi ha gentilmente informato di aver scoperto un documento nell’archivio dello Spedale degli Innocenti, che dimostra che questo affresco è stato dipinto nel 1458-9, da un certo Giovanni di Francesco.

Se questo pittore sia da identificare o meno con Giovanni da Rovezzano, che il Vasari nomina tra i discepoli di Andrea dal Castagno 3 è una questione che il signor Poggi affronterà senza dubbio quando pubblicherà questo documento, tra gli altri relativi agli Innocenti, nel suo ottimo periodico, la Rivista d’Arte.

Quello che a noi interessa per il momento è che viene in questo modo dimostrato che l’affresco in questione, che Vasari attribuisce al Graffione,  è stato eseguito da un altro pittore, e in un’epoca in cui il Graffione non era che un bambino di tre o quattro anni.4

Anche i dipinti che i signori Cavalcaselle e Crowe hanno voluto attribuire al Graffione e che il signor Berenson, con molta meno ragione, ha attribuito a Pierfrancesco Fiorentino, sono chiaramente opera di un gruppo precedente di artigiani, attivi tra il 1460 e il 1480 circa. 5

Così, fino ad oggi, non abbiamo alcuna indicazione attendibile sul carattere del Graffione come pittore.

Il Milanesi, nelle sue note all’edizione del Vasari pubblicata a Firenze nel 1878-85, afferma che il Graffione nacque nel 1455, e che da giovane fu messo come apprendista nella bottega di Piero di Lorenzo Zuccheri.6

Probabilmente queste notizie sono state ricavate da una Denunzia al Catasto resa dalla famiglia del pittore; documento che finora ho cercato inutilmente, ma che sospetto possa trovarsi tra le Denunzie dell’anno 1469-70.

Piero di Lorenzo Zuccheri, o Piero di Lorenzo Pratese, come viene talvolta chiamato, anche se impropriamente, (perché il suo nome completo sembra essere Piero di Lorenzo di Pratese di Bartolo Zuccheri) dal quale Graffione fu mandato da ragazzo, era un pittore di notevole mestiere e reputazione ai suoi tempi.

Secondo una dichiarazione al Catasto resa nell’anno 1457, era nato nel 1412;7 e secondo un’altra dell’anno 1470, nel 1410.Si immatricolò nell’Arte di Medici e Speziali il 3 ottobre 1440.9 Il 1° agosto 1453, entrò in società con Francesco di Stefano, detto il Pesellino, e con Zanobi di Migliore, per tre anni; al termine dei quali Piero continuò a collaborare con il solo Pesellino, fino alla morte di quest’ultimo, il 30 luglio 1457.10

All’epoca in cui il Graffione lavorava con Piero, occupava ancora la bottega nel Corso degli Adimari, che un tempo era stata la bottega di Giuliano d’Arrigo, detto il Pesello, e che Piero aveva acquistato dalle figlie di quel maestro, l’8 dicembre 1453, poco dopo essere entrato in società con il nipote Pesellino.

Piero viveva allora in Borgo San Frediano, in una casa che aveva acquistato nel 1458; prima di allora aveva abitato a Camaldoli, in via del Fiore, nella parrocchia di Santa Maria a Verzaia, dentro le mura.11

Nel 1472 succedette ad Andrea della Robbia come camarlingo della Compagnia di San Luca12. Quando morì fu sepolto nella chiesa di San Frediano il 1° maggio 1487.13 Se la mia ipotesi sulla fonte della notizia di Milanesi è corretta, il Graffione deve essere stato collocato da Piero di Lorenzo Zuccheri verso il 1468-9.

L’iscrizione del Graffione nella Compagnia di San Luca, a Firenze, è registrata nel “Libro Vecchio” di quella confraternita con la seguente voce non datata:

GIOVANI DIMICELE DIPINTORE.14

Poiché il nome del Graffione non compare tra le voci dell’anno 1472, nel ‘Libro Rosso’ della Compagnia di San Luca, la voce in questione è stata probabilmente inserita successivamente a quella data; ma probabilmente prima dell’anno 1480.

In quale momento il Graffione divenne l’assistente di Baldovinetti (perché è certamente da considerarsi come assistente, piuttosto che come discepolo di Alesso, come afferma il Vasari) non ci sono prove; tutto quello che sappiamo in proposito, è che il Graffione stava lavorando alla pala d’altare della Cappella di San Lorenzo, in Sant’Ambrogio, e che ricevette il compenso per il lavoro per conto di Alesso, tra il 5 gennaio 1484-5 e il 3 settembre 1485.

In quel periodo Alesso era impegnato nelle due principali realizzazioni della sua vita: gli affreschi della Cappella Maggiore di Santa Trinita, che gli erano stati commissionati il 1° luglio 1471, e che vennero portati a termine solo nel 1497, e il restauro dei mosaici del Battistero di Firenze, per il quale gli fu assegnata una rendita annua, nel 1483.

Fatta eccezione per alcuni incarichi di scarsa importanza, Alesso sembra essere stato interamente occupato da questi due impegni per il resto della sua vita.

Il Graffione, come sappiamo, lavorò certamente per Alesso come pittore; ma non ci sono prove che dimostrino che egli abbia assistito quel maestro nel restauro dei mosaici del Battistero, come i signori Cavalcaselle e Crowe hanno concluso dall’aneddoto che Vasari riferisce su di lui.15

Alesso morì il 29 agosto 1499, all’età di 77 anni: ma sembra che già da qualche anno prima della morte avesse smesso di lavorare, a causa dell’età. Un’ annotazione nei suoi “Ricordi” del  23 ottobre 1491, è l’ultima notizia che abbiamo di un’opera eseguita da lui.16

È probabile, tuttavia, che a quel punto il Graffione si fosse ormai affermato come pittore autonomo.

Tra i “nomina architectorum” chiamati a giudicare i progetti  presentati per la facciata di Santa Maria del Fiore, il 5 gennaio 1490-1, c’è quello di “Joannes Graffione”, contrassegnato come “absens”.

Questo elenco comprende i nomi di tutti i più eminenti maestri, sia pittori che scultori o architetti, che allora vivevano a Firenze; e l’inclusione in esso del nome del Graffione è la prova della reputazione di cui godeva all’epoca.17

Il nome di ‘Giovannj dimichele ischeginj dipintore’ compare nel “Libro Rosso” della Compagnia di San Luca, nelle annotazioni degli anni 1503 e 1508, che registrano il pagamento di quote alla confraternita.18

Nelle sue note al Vasari Milanesi afferma che il Graffione morì nel 1527.19 Dalle matricole dell’Arte di Medici e Speziali risulta però che un certo “Lorenzo di Giovanni di Michele di Lorenzo, pittore” fu iscritto alla corporazione l’8 luglio 1521, senza pagare le tasse, poiché il padre, allora defunto, era iscritto alla Compagnia.20

Questo pittore sembrerebbe essere la stessa persona di “Lorenzo digiouannj schegutj dipintori”, iscritto alla Compagnia di San Luca nel 1525: il nome Scheguti è un errore per Scheggini.21 Se è così, questo Lorenzo era figlio del Graffione: e quest’ultimo era già morto nel 1521.

Passiamo ora alla Natività della Madonna, che nel 1484-5 fu dipinta al centro della pala d’altare da Alesso, in Sant’Ambrogio,22 e di cui il Graffione sembra essere stato l’autore.

Fig. 1) Graffione: Natività. Completamento della Pala d’altare di Alesso Baldovinetti, Chiesa di S. Ambrogio, Firenze

Nonostante le sue precarie condizioni di conservazione, i passaggi più importanti di questa Natività, e in particolare la testa e le mani della Vergine, sono sufficientemente ben conservati per soddisfare le esigenze degli esperti.

Quattro i tratti di questa Natività che desidero sottolineare in modo particolare. In primo luogo, l’intera concezione della figura inginocchiata della Vergine  è marcatamente filippesca, e in questo si distingue dalla concezione più naturalistica di questa figura da parte di Baldovinetti, come testimoniato dall’affresco nell’atrio della SS. Annunziata a Firenze.

L’atteggiamento della figura in questione e le linee dei panneggi ricordano Fra Filippo, per la loro grazia e dolcezza; anche se questa Natività non contiene nulla che ci permetta di concludere che sia stata eseguita da uno degli immediati discepoli di quel maestro.

Anche in questo caso, la tipologia del capo della Vergine e la forma delle sue mani sono filippeschi; anzi, questi ultimi ricordano il tipo caratteristico di Filippino, con le lunghe dita ossute e l’accentuazione dello spazio tra di esse. In terzo luogo, il disegno senza vita dei capelli della Vergine, che le ricadono sulla fronte e le nascondono le orecchie, in ciocche pesanti e umide, è un tratto peculiare e inconfondibile.

Infine, la figura del Bambino, sia nella concezione che nel disegno,  ricorda in modo così evidente la maniera di Lorenzo di Credi, da spiegare subito l’allusione altrimenti enigmatica di Federigo Fantozzi a questa pala d’altare nella sua “Nuova Guida di Firenze”, come ‘dipinta sul fare di Lorenzo di Credi’ .23

Ora, tutti questi tratti, insieme ad altri meno evidenti, ma non per questo meno distintivi, si ritrovano in una pala d’altare raffigurante la ‘Trinità’, tuttora conservata nella chiesa di Santo Spirito, a Firenze.24

Fig. 2) La Trinità, di Giovanni Graffione, Chiesa di Santo Spirito, Firenze

Questa pala, che è stata a lungo un punto cruciale per gli studenti d’arte fiorentina ed è stata attribuita a molte mani, ma mai, credo, a quella del Graffione, si trova nella seconda delle quattro cappelle della famiglia Corbinelli, situate in fondo al transetto sinistro di Santo Spirito.

Il pannello principale di questa pala rappresenta Dio Padre seduto all’interno di un cerchio di serafini, che sorregge la Croce, sulla quale è appeso il Cristo crocifisso. Sulla testa della Croce si libra lo Spirito Santo sotto forma di colomba; ai piedi della Croce, che è infissa nel terreno, sono un teschio e delle ossa.

A sinistra di questo gruppo centrale è inginocchiata Santa Maria d’Egitto, avvolta nel manto dei suoi capelli; e a destra Santa Caterina d’Alessandria, con la palma e la ruota spezzata del suo martirio. Sullo sfondo della tavola è dipinta una veduta di Firenze e della valle dell’Arno.

La predella è dipinta con tre storie: in particolare, la Natività al centro, la Comunione di Santa Maria d’Egitto a sinistra e il Martirio di Santa Caterina a destra.

A destra e a sinistra di queste due storie si trovano le figure inginocchiate del donatore e di sua moglie nell’abbigliamento dell’epoca.

Le storie sono divise l’una dall’altra da candelabri dorati; alle estremità della predella si trovano due “putti” che sostengono uno scudo, blasonato con le armi della famiglia Corbinelli.

Quanto alla datazione di questa pala d’altare, sappiamo che il coro e i transetti di Santo Spirito furono terminati e l’ufficio fu detto per la prima volta nel 1481.25  Da quel momento in poi, le cappelle laterali furono gradualmente rivestite di immagini.

La pala d’altare nell’ultima delle cappelle Corbinelli porta la data del 1482; un’altra pala d’altare nel transetto sinistro, opera di Raffaello Carli, porta la data del 1505.

Sulla base di prove interne, la pala d’altare della ‘Trinità’ sembra essere stata eseguita nell’ultimo decennio del XV secolo.

Esaminiamo innanzitutto la piccola Natività nella predella della pala Corbinelli. Ora, non solo l’intera concezione e la posa della figura inginocchiata della Vergine hanno lo stesso carattere filippesco di quella della Natività di Sant’Ambrogio, ma anche la figura del Bambino, nonostante la differenza di atteggiamento, non ricorda di meno la maniera di Lorenzo di Credi, come il Bambino di quest’ultimo dipinto.

Lo stesso calco dei panneggi, la stessa forma delle mani, lo stesso carattere senza vita dei capelli, sono ugualmente caratteristici di entrambi i dipinti. Questi ultimi tratti, tuttavia, possono essere studiati meglio nel pannello principale della pala d’altare.

Lì, il disegno pesante dei capelli di Maria d’Egitto, il modo in cui cadono sulla fronte della figura e nascondono l’orecchio, il loro aspetto spento e umido, formano una serie di tratti inconfondibili, che si ripresentano identici nella figura della Vergine di Sant’Ambrogio. Ma c’è ancora un altro tipo di somiglianza, più sottile, tra i due dipinti, nella qualità e nell’accento della linea e nel modo in cui viene espresso il loro particolare sentimento.

Queste caratteristiche, che si presentano in combinazione con i tratti più evidenti che ho descritto, non possono lasciare alcun dubbio, credo, che la pala d’altare di Santo Spirito e la Natività della tavola di Sant’Ambrogio siano opera dello stesso pittore.

Anche la pala Corbinelli, per l’ampiezza del disegno e per il migliore stato di conservazione, presenta alcuni tratti che non si riscontrano nella Natività danneggiata di Sant’Ambrogio.

In primo luogo, la pala d’altare è chiaramente l’opera di un uomo che ha acquisito la propria arte sotto influenze filippesche. L’intera concezione del gruppo centrale ricorda la tavola della Trinità della National  Gallery; un dipinto che nella sua concezione e in parte nella sua esecuzione, è indubbiamente opera di Pesellino.

Infatti, la pala d’altare di Santo Spirito, non solo per quanto riguarda la concezione, ma anche per quanto riguarda il disegno (in particolare nella figura di Cristo), ha molto più in comune con la tavola del Pesellino che con la pala della Trinità, che fu successivamente commissionata a Baldovinetti nel 1470 per l’altare maggiore di Santa Trinita a Firenze.26

Tuttavia, molte delle influenze filippesche che si possono rintracciare nella pala  di Santo Spirito, sono diverse da quelle che il Graffione avrebbe potuto conoscere nella bottega del socio del Pesellino.

Lo schema cromatico, con la sua preponderanza di azzurri smaltati e viola chiari, così come il paesaggio, rivela la mano di un artigiano che deve aver subito l’influenza di Filippino Lippo più o meno nello stesso periodo e nelle stesse circostanze dell’anonimo pittore a cui il signor Berenson ha dato il nome di Amico di Sandro.

La piccola Vergine con Bambino e San Giovanni, di questo maestro, nella National Gallery, n. 1412, basterà a illustrare la mia tesi: e devo solo aggiungere che la somiglianza per quanto riguarda il paesaggio è evidente soprattutto nelle forme degli alberi, in particolare di quelli che sono liberamente disegnati contro il cielo, e nel linguaggio un po’ fantastico con cui viene rappresentata la veduta di Firenze.

Ancora (mi riferisco alla pala Corbinelli), lo schema dei panneggi in generale e delle pieghe piatte delle gonne in particolare nel punto in cui cadono a terra,  ricorda da vicino la maniera di Filippino.

Tuttavia, nonostante questi tratti, l’influenza di Baldovinetti è rintracciabile ovunque nella pala d’altare, nell’evidente sforzo del pittore di raggiungere un maggiore naturalismo di quanto non fosse implicito nella formula della maniera in cui stava effettivamente lavorando; nella tipologia di alcune teste, come quelle di Dio Padre e dei serafini; e non ultima, nella sua grande capacità tecnica.

La pala della Trinità è stata sicuramente eseguita successivamente alla Natività del 1484-5.

Da un punto di vista stilistico, sembrerebbe essere stata dipinta nell’ultimo decennio del XV secolo. Ma  il Graffione deve essere caduto sotto l’influenza di Filippino in un periodo iniziale della sua carriera e, più precisamente, in un momento successivo al 1470, quando era ancora nella bottega di Piero di Lorenzo Zuccheri, e prima del 1484-5, quando già lavorava come aiutante di Baldovinetti.

In conclusione, i due dipinti che ho indicato come opera del Graffione ci permettono di formarci una chiara visione del suo carattere di pittore. Essi dimostrano che era l’assistente più che il discepolo di Baldovinetti; e che, prima di lavorare per Alesso, i tratti essenziali della sua maniera si erano già formati sotto influenze filippesche, tra le quali quelle più chiaramente definite sono quelle di Pesellino e di Filippino Lippi.

Ma pur essendo dotato di un senso della bellezza non indifferente, il Graffione aveva molta meno simpatia per il lato immaginativo dell’arte fiorentina, di cui i pittori filippeschi erano i grandi esponenti, che con la scienza dei naturalisti.

E così, a differenza dell’Amico di Sandro che, con un vero e proprio dono per l’invenzione di tipo illustrativo, si abbandona all’improvvisazione raffinata e all’espressione di un sentimento delicato, il Graffione, non appena Baldovinetti  ha incrociato il suo cammino, cerca una maggiore competenza nella scienza del disegno, un maggiore naturalismo nella costruzione e nel rilievo delle figure, e una maggiore abilità in tutto ciò che riguarda la componente tecnica della sua arte.

Sebbene di temperamento influenzabile, egli era sia nella vita, come dimostrano gli aneddoti di Vasari, sia nell’arte, un uomo dalla personalità decisa e coinvolgente.

La pala d’altare Corbinelli non sarà una grande opera d’arte, ma è un’opera di non poca bellezza pittorica, un ammirevole esempio di colore decorativo e di notevole fattura.

L’artigiano, che sembra essere vissuto più di sessantacinque anni e che ha dipinto con la maestria che caratterizza questa pala d’altare, deve aver lasciato dietro di sé molte opere di simile fattura. È impossibile che tutti i suoi dipinti siano scomparsi. Forse questo articolo può essere il mezzo per identificare altre opere di sua mano.


NOTE

  1. Vasari, ed 1550. Vol. I. p. 389. Questo testo è stato ristampato senza modifiche sostanziali, nella seconda edizione del 1568, Vol.I p.381.
  1. Vasari, ed. Le Monnier, Vol. IV, p. 106, note.
  1. Vasari, ed. Sansoni. Vol. II, p. 682.
  1. Grazie alla gentilezza del signor Gaetano Bruscoli (con il quale tutti gli studenti di arte fiorentina sono in debito per il ritrovamento dei documenti relativi alla “predella” di Bartolommeo di Giovanni, per la pala dell’altare maggiore dello Spedale degli Innocenti) sono in grado di pubblicare (Doc. 1) un accordo con il quale il priore dell’Ospedale, il 28 febbraio 1457-8, incaricò Alesso Baldovinetti di dipingere un affresco dell’ ‘Annunciazione’ nella loggia degli Innocenti. Il signor Bruscoli mi informa che non è stato in grado di trovare nei libri dell’Ospedale alcuna prova che questo affresco sia stato effettivamente portato a termine. Se eseguito, potrebbe essere andato distrutto quando gli affreschi esistenti nella loggia furono dipinti dal Poccetti, nel XVI secolo. Ma, forse, la lunetta di Dio Padre, eseguita da Giovanni di Francesco nel 1458-9, prese il posto dell’‘Annunciazione’ progettata da Alesso. In ogni caso, il documento in questione tende indirettamente a confermare la mia tesi sulla paternità del cartone per l’affresco esistente, eseguito da Giovanni di Francesco.

DOC.I.

Firenze: Archivio dello Spedale degli Innocenti. Ricordanze A, dal 1448 al 1463. fol. clxxxviii.

Richordo questo di 28 di Febraio 1457 chome el priore ogi dello ispedalle de nocientj e rimasso dachordo chonnalesso baldovinetti maestro dipintore da lochargli a dipignergli una iwnvziata chome si richiede nella logia dello nostro ispedalle e ei priori gli debe chonperare tutti e cholor che si apartiene ad essa dipintura E lui immentre che dipignie debe avvere le spesse dallo ispedalle e dal maesterio ruo le rimetti ede contento che el priore gli diedi di tenpo in tenpo quello gli para e pa chiareza di cio il sopra detto alesso sisoscriveraqui di pie di sua mono e se ne chontento a quanto disopra si chontiene

Io Alesso di baldouinetto son chontento a quanto di sopra si chontiene anno mese e di detto di sopra

5 Cavalcaselle e Crowe, ‘Storia della Pittura in Italia’ ed. Le Monnier, Vol. VI, p. 69. B. Berenson. ‘The Florentine Painters of the Renaissance’ ed.1900, p.132.

6. Vasari ed. Sansoni, Vol. II, p. 598, nota.

7. DOC. II.

Firenze: R. Archivio di Stato; Arch. delle Decime Quartiere, Santo Spirito; Gonfalone, Drago; Filza 1-457. N. verde 797. N° 352,

Antonio e piero di lorenzo di pratese, . . .
jo antonio isto apigione invna botegha avso dibarbiere posta dirimpetto asancto friano…
jo piero jsto aplgione invna botegha avso didipintore posta nelchorso degli adjmarj . . .

                                                           Boche

Antonio deta dannj 47

Piero deta dannj 45

Mona vettoria mja donna deta danj 36

Giouannj mjo figliuolo deta dannj 13

Saluestra mia figliuola deta dannj 8

8. DOC III.

Firenze : R. Archivio di Stato ; Arch. delle Decime: Quartiere Santo Spirito; Gonfalone, Drago; Campione 1480, N° verde 999, fol. 109 recto,

Antonio epiero dilorenzo dipratese . . ,

                                                          beni alienati

Vna chasa . . . nella quale abitauano [sic] posta inchamaldolj nella via del fiore nelpopolo disancta marja averzaia drento alle mvra . . . vendemola agiusto di piero tessepannjlanj . . . 30 di gungnio 1461 . . .

                                                           Sustanze

Vna chasa doue abitiano [sic] posta inborgho sanfriano . . .chonperamola dabartolomeo dichiricho dijachopo iiorinj 124 roghato ser matteo ghuerucci sotto dj 30 daprile 1458 …

Vna entratura duna botegha douabito posta nelchorso delli adimarj popolo sancta. maria njpotechosechomperala dalle figluole di giuliano darigho detto pesello iiorinj 35 roghato ser antonio di srrbatista sotto dj 8 di dicembre 1453 eldetto sito enedella chongreghazione depreti epagho lanno dipigione fiorinj 14 2/1 …

                                                          boche

Antonio deta dannj 71

Piero deta dannj 70

Giouanj detta danj 35

Epui oinchasa vna mja figliuola chon due figliuoli cheone adare loro lespese sillone [sic] bene maritata.

[Giovanni e la figlia con due figli maschi erano i figli di Piero e di sua moglie, Monna Vettoria, come risulta dal precedente catasto.]

  1. Firenze: R. Archivio di Stato; Arch, dell’Arte di Medici e Speziali, No.21, Matricole, dal 1408 al 1444, ad annum. Mcccc0Ixxxvij
  2. I documenti da cui derivano questi fatti sono stati in parte, e non molto correttamente, stampati da Herr Werner Weisbach, nel suo ‘Francesco Pesellino und die romantik der Renaissance’ pp. 127-8
  3. Vedi Doc. III, nota 8 sopra.
  4. Firenze: R. Archivio di Stato; Arch. dell’Accademia di Belle Arti, n. 2, Libro Rosso della Compagnia di San Luca, fol. 15, recto, ecc.

13. DOC. IV.

Firenze: R. Archivio di Stato; Arch. della Grascia, N° 5, Libro Primo Nero dei Morti di Firenze, dal 1457 al 1501, fol. 186 tergo,

                                                                  M cccc° Ixxxvij

Piero di lorenzo dipintore Riposto in sto friano adj 9 di maggio.

  1. Firenze: R. Archivio di Stato; Arch. dell’ Accademia di Belle Arti, No. 1, fol. 9 tergo.
  2. Cavalcaselle e Crowe, ‘ Storia della Pittura in Italia,’ ed. Le Monnier, Vol. VI, p. 69.
  3. G. Pierotti, ‘ Ricordi di Alesso Baldovinetti,’ Lucca, 1868, p. 19.
  4. Vasari, ed. Sansoni, Vol IV, p.307
  5. Firenze R. Archivio di Stato; Arch. dell’ Accademia di Belle Arti, No.2, fol.63 tergo e fol.64 recto.
  6. Vasari, ed Sansoni. Vol. II, p. 589, nota.
  7. Firenze R. Archivio di Stato; Arch. dell’ Arte di Medici e Speziali, No 10, Matricole per la Città, dal 1490 al 1523, fol. 173 tergo. Sono in debito con il mio amico, Sir Domenic Colnaghi, per aver richiamato la mia attenzione su questo punto, così come per il suo supporto durante la stesura di questo articolo.
  8. Firenze R. Archivio di Stato; Arch. dell’Accademia di Belle Arti, No. 1, fol.1 tergo.
  9. Tavola I, pag.191. Un resoconto di questa pala d’altare scoperta di recente è apparso nel precedente numero di ottobre di questa rivista, p 51.
  10. L.c. ed. 1844 p. 248
  11. Tavola II. p. 194.
  12. C. Richa, Chiese Fiorentine, Vol. IX. p. 4
  13. Riprodotto in The Burlington Magazine, Vol. II, p.28.

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