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LA SEPOLTURA DEL CIGOLI

di Anna Matteoli

da: Commentari

Rivista di critica e storia dell’arte, anno XXII, nuova serie,

Fascicolo IV, ottobre – dicembre, 1971

 

A costo di attirarmi sulle spalle la taccia di immodesta, non rinunzio —- tale è l’importanza della cosa in sé — a dare l’avvio alla presente nota con un paragone basato sulla gloriosa storia romana.

Che è questo: come nel lontano 75 a.C. Marco Tullio Cicerone, Quaestor in Sicilia per quell’anno, ritrovò presso Siracusa il sepolcro di Archimede, di cui conosceva «quosdam senariolos» dell’epigrafe1, oggi a me è capitata la ventura di ritrovare, per simili indizî, quello di un altro grande: il Cigoli.

Lodovico Cardi, detto «il Cigoli», nacque a Cigoli — ora Frazione del Comune di San Miniato, in Provincia di Pisa — il 21 settembre 1559, e morì l’8 giugno 1613 a Roma, ove dimorava dal 3 aprile 1604, alternando il soggiorno romano con brevi periodi di attività a Firenze.

Dallo spoglio della bibliografia, mi sono risultate, riguardo alla sepoltura dell’artista, quattro notizie-fonti, ciascuna di diversa entità.

La più recente è il commento di Kurt Heinrich Busse a un passo dalla «Vita» del Cigoli scritta nel 1628 dal nipote Giovanni Battista — figlio di suo fratello Ulivieri — ma edita per la prima volta nel 1913 a cura del Busse e del Battelli:

 Le esequie furono celebrate nella chiesa di S. Felicita, e sulla tomba venne collocata la seguente iscrizione: … »2.

Segue l’epitaffio, ricavato dal «Sepoltuario delle Chiese fiorentine» che il Burgassi compilò fra il 1720 e il 1727.

Lo riporto in mia trascrizione:

 

ANNO SAL. [VTIS ] MDCXLIV. ANDREAS ET PETRVS

ANT. [ONII] FIL. [II] DE CARDIS CIGOLIS MEMORIAE ET CINERIB. EOR. [VM] PATRVI MAGNI FR.[ATRIS] LVDOVICI3

PAVLI V. MVNIF.[ICENTIA] EQVITIS HIEROSOLYMITANI4 PICTORIS

CELEBERRIMl ROMAE OLIM DEPOSITI SIBI ET

FAMILIAE POS.[VERVNT]

 

La copia, secondo la consuetudine degli scrittori di «Sepoltuarii», è accompagnata dagli stemmi incisi sulla lapide: quello della «gens», per dirla alla latina, e quello del ramo del pittore5 .

Senonché la menzione del Burgassi viene falsata, per uno strano caso, dal Busse, il quale pone la tomba nella Chiesa di Santa Felicita Oltrarno, anziché, com’è chiaro dal «Sepoltuario», in quella dei Santi Michele Arcangelo e Gaetano da Thiene, dove già nel 1684 la notava il Del Migliore6.

Dal Busse si risale pertanto anche a un’altra fonte, seconda cronologicamente delle quattro, cioè alle «Notizie de’ Professori del Disegno» di Filippo Baldinucci.

Nel Tomo V, uscito postumo nel 1702, si legge:

[Il Cigoli] ordinò sua Sepoltura in S. Felicita di Firenze fra quei di sua famiglia morendo in quella Città, e morendo in Roma, volle che fusse il suo corpo depositato a S. Gio: de’ Fiorentini per esser poi a Firenze trasportato7.

Che non è notizia erronea, ma solo ‘incompleta, in quanto lo storico mancò di aggiungere che le disposizioni testamentarie dell’artista non vennero in parte rispettate dai suoi discendenti.

Ed è vero bensì che i Cardi viventi ab antico in Firenze — venuti da Cigoli fra il 1370 e il 1380 c. — abitavano Oltrarno e avevano le loro sepolture in Santa Felicita, come trovo segnato saltuariamente, ma senza un’indicazione valevole (nei pressi dell’Altar Maggiore?) sui registri dell’ex-Convento di Benedettine (soppresso nel 1808) all’Archivio di Stato di Firenze8.

Ma è pure assai probabile che la Chiesa di San Gaetano sia stata scelta dai discendenti del Cigoli perché loro parrocchia: già Lodovico e i suoi fratelli avevano abitato nelle vicinanze.

Da documenti all’Archivio di Stato di Firenze appare che nel 1596 il Cigoli possedeva una casa in Via del Giglio (popolo di San Lorenzo), mentre più tardi, nel 1605, risulta a suo nome una delle case sul Canto de’ Carnesecchi (popolo di Santa Maria Maggiore), forse una di quelle preesistenti alla costruzione di Palazzo Ganucci, detto «il Palazzo delle Cento Finestre» (1720)9.

E’ all’acquisto di questa casa che sembra riferirsi la copia di un documento del 1604 alla Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze10: casa che dovette servire soprattutto per abitazione dei fratelli, essendosi egli in tale periodo trasferito a Roma.

Nel 1621-1622 essa fu venduta dai figli di suo fratello Ulivieri, Cosimo, Francesco e Giovanni Battista, suoi eredi, a Orazio di Federico Strozzi e al cugino Roberto di Giovanni Strozzi11.

ln un’epoca imprecisata ma certo anteriore al 1596, il Baldinucci pone l’abitazione del Cigoli «nella strada detta il Campaccio sotto la Parrocchiale di S. Lorenzo»12, da identificare nell’attuale Via Santa Reparata, anticamente detta Via del Campaccio o del Campuccio, e compresa — «sotto» — nella Parrocchia di San Lorenzo.

Si può supporre inoltre che gli storici seriores siano stati portati a equivocare in merito data anche la conferma al passo baldinucciano da parte dell’autorevole Rosini, il quale, nel Vol. VI della sua monumentale «Storia della Pittura italiana», edito nel 1846, così scriveva:

 [Il Cigoli]. Morì d’anni 55 nel 1613 in Roma, ma Firenze n’ebbe le spoglie, tumulate in S. Felicita, in mezzo al cordoglio degli amici, fra i quali bastava il Galileo per circondarne di luce il sepolcro 13.

Meno spiegabile l’errore nel Busse, che era a conoscenza (dichiaratamente) del «Sepoltuario»: forse egli fu trascinato verso la pista falsa perché distratto dalla notevole quantità di carte su cui il diligente Burgassi dovette ricopiare le iscrizioni di San Gaetano, allora numerosissime.

Dico « allora »: col tempo infatti la maggior parte di questi epitaffi sono stati parzialmente o — come quello del Cigoli — per intero consunti dall’attrito dei piedi dei fedeli, tanto che, in un rinnovo moderno del pavimento, quelli ormai illeggibili sono stati tolti.

Si sono salvati solo alcuni di quelli situati lungo le due verticali, dalla facciata al Presbiterio, occupate quasi in permanenza dalle panche. Questo fatto, insieme a uno stemma nella lapide del nostro, a tarsia di marmi colorati, mi ha permesso il rinvenimento.

La lapide si trova presso la parete laterale s. dell’unica navata, fra la seconda e la terza cappella: lì vicino, sulla d., una delle lapidi ab antico sotto le panche e perciò non del tutto cancellata, che il Burgassi riporta di seguito. Vi si legge:

 

ANNO SAL.[VTIS] MDCXLII.

GABRIEL ET ZENOBIVS DE ZVTIS

ROLANDI FILII ET REPARATAE

DE CISTIS GENVS DVCENTIS 

…  etc.

 

Dei due stemmi disegnati a penna dal Burgassi, ma non colorati, rimane solo parte di quello di famiglia: con ogni probabilità quello gentilizio e parte di questo sono scomparsi perché semplicemente incisi nel marmo e non, come ciò che resta, a commesso di marmi colorati.

Questo stemma, certo assunto dall’artista in data posteriore alla morte dei genitori e al suo trasferimento a Firenze — di cui prese la cittadinanza, coi fratelli minori Ulivieri e Sebastiano, il 26 luglio 1588 — passò ai suoi discendenti, i quali ripresero a dimorare nella villa avìta di Cigoli, ove stettero fino all’inizio del ‘900 (Cardi-Stefani)15.

Lo stemma si mostra molto vicino a quello dei Cardi di Firenze, un ramo dei Signori di Cigoli la sui presenza nella città è attestata dal 1381 ai nostri giorni: nel passato, essi esercitarono di padre in figlio la professione di notaro e furono talvolta Notari della Signoria.

Trovo un esempio di tale stemma nel Codice Moreniano (miscellaneo) 340 presso la Biblioteca Riccardiana di Firenze (c. 53 tre bande diagonali nella zona centro-superiore s. che sottintendono un giglio fiorentino in quella inferiore d.

Il disegno è a inchiostro bruno, senza indicazione dei colori, ma ho potuto stabilire, per fonte indiretta, che si tratta di bande rosse in campo argento16.

Sulla lapide, le tre bande diagonali, rosse in campo bianco (argento), sono spostate nella parte centro-superiore d. e, invece del giglio, a esse si contrappone una ruota di molino azzurra: un asse «cardo»?) con sei pale intorno; lungo i lati s. e d., un bordo azzurro.

L’altro stemma, oggi consunto perché a incisione, era quello della «gens», il cui capostipite fu un Cardo (Riccardo) dei ghibellini Gualandi di Pisa, rifugiatosi verso il 1285, per motivi politici, nei suoi possessi feudali in quel di Cigoli.

Vi si vedeva: nella metà s., un triangolo circondato da tre stelle a sei punte; nella metà d., dall’alto in basso, una cometa volta a Est, un giglio fiorentino, un leone rampante, un secondo giglio.

I simboli della metà d. devono essere stati inseriti in epoca presumibilmente posteriore al 1370, anno in cui San Miniato e le terre circonvicine facenti parte del suo Comune, passarono sotto la Repubblica di Firenze (il leone = il Marzocco fiorentino).

Lo stemma primitivo è riportato (ma con una stella e non tre) anche nel Ms. di Luigi Passerini relativo alla famiglia Cardi – Gualandi presso la Biblioteca Nazionale di Firenze17.

E’ da notare che, mentre nell’arma gentilizia non vi era nessun elemento di quella dei Gualandi (tranne i colori, suppongo), questa tre bande diagonali rosse in campo argento fu invece ripresa dai due rami di Firenze.

Nessuna traccia della prima sepoltura è nella Chiesa romana di San Giovanni Battista dei Fiorentini, un tempo parrocchia di tutti i Fiorentini residente nell’Urbe, nella quale, sia detto en passant, si conserva una tela cigolesca: «San Gerolamo che traduce la Bibbia ispirato dalle Virtù Teologali».

E’ alla parete d. della Cappella di San Gerolamo, la quarta dextera intrantibus. Risulta commessa, per documenti, dal fiorentino Duccio di Baldassare Mancini (1564-1617) e dal fratello Gerolamo (1566-1641), che nel 1590 ottennero l’ius patronatus della cappella, allora intitolata al Battista, in ottemperanza alla volontà testamentaria dello zio paterno, Gerolamo di Duccio, morto l’anno precedente (n. 1512) 18 .

Firmata e datata 1599, la tela va pertanto riferita al tardo periodo fiorentino.

Del sepolcro in San Giovanni ebbe a ricordarsi tuttavia, duecentotrent’anni dopo la morte dell’artista, un suo «conterraneo», Monsignor Torello Pierazzi, Vescovo di San Miniato (1795 – 1834 – 1851).

Infatti nel 1845, per sua iniziativa, fu murata nella chiesa — sulla faccia verso il portale del quarto pilastro sinistra intrantibus — una lapide mormorea con la seguente iscrizione:

 

 A XP Ω

LODOVICO CARDI CIGOLI

PATRICIO MINIATENSI

EQVITI HIERO. SOLYMITANO

INGENIO ET LITTERIS CLARO

PICTORI EXIMIO

SCHOLAE ARTIS SVAE INSTAVRANDAE

BENEMERENTI

IN VATICANIS AEDIBVS PINXIT EGREGIE

DECESSIT IN PACE AN. MDCXIII

TORELLVS PIERAZZIVS

PATRICIVS ET PONT.[IFEX] MIMATENSIVM

CONTERRANEO SVO

MONVMEN. TVM POSVIT

AN. MDCCCXLV. 

 

Mi piace illustrare, con una stampa poco nota agli studiosi per la sua rarità, l’allusione del Pierazzi alla pittura del Cigoli per la Basilica di San Pietro in Vaticano, terminata nel 1606 e oggi perduta.

L’incisione — mm. 577 x 335 — fu eseguita a bulino su rame da Nicolaas Dorigny (1658-1746); ne ho trovata una copia a Roma, Gabinetto Nazionale delle Stampe, VOL. 27 M.13/B, n. 9967.

Nella didascalia, dopo il titolo: «PETRVS CVM IOANNE CLAVDVM A MATRIS VTERO SANAT.» Act. Apost. cap. 111, è riportata per esteso la fonte evangelica del soggetto.

Più in basso, a s.: «Ludovicus Cigolius civis Florentinus pinxit Romae in Aedibus divi Petri in Vaticano anno. 1606.»; a d.: «Nicolaas Dorigny gallus delin. et Sculp. anno. 1691. et excudit Romae cum Sup. perm» (fig. I).

 

Fig. 1)

 


 

 

Note

 

1 CICERONE, Tusculanae Disputationes, Lib. V, Cap. LXIV.

2 GIOVAN BATTISTA CARDI-CIGOLI, Vita di Lodovico Cardi Cigoli 1559-1613, con note di Guido Battelli e di Kurt Heinrich Busse, a cura del Comune della Città di San Miniato, Barbèra, Firenze, 1913; p. 48.

3 Antonio Cardi, padre di Andrea e di Pietro, era biscugino del pittore.

4 Dell’onorificenza di Cavaliere Milite dell’Ordine di Malta, il Cigoli era stato insignito poche settimane prima della morte, con lettera del Gran Maestro Alof de Wignacourt datata 30 aprile 1613. L’onorificenza fu dovuta alla intercessione del Cardinale Scipione Borghese, per il quale il Cigoli aveva eseguito quattro storie della «Favola di Psiche» ad affresco in una loggetta di Palazzo Borghese oggi Pallavicini – Rospigliosi — sul Quirinale: sono esposte attualmente al Museo di Roma a Palazzo Braschi, Sala IV del I Piano.

5 PIETRO ANTONIO BURGASSI, Sepoltuario delle Chiese fiorentine, n. 2 Voll. Mss. (composti dal 1.4.1720 al 20.8.1727) presso la Biblioteca Marucelliana di Firenze, Codice C, XLIV; vol. 1, c. 213 v.

6 FERDINANDO LEOPOLDO DEL MIGLIORE, Firenze città nobilissima, I, II e III Parte del I Libro (op. incompiuta), Stamperia della Stella, Firenze, 1684; p. 450. La chiesa, già sotto la cura di preti secolari, fu officiata dai Monaci di Monte Oliveto dal 1540 al 1592, allorché passò ai Clerici Regolari Teatini, che vi stettero fino alla soppressione del convento, avvenuta nel 1808. Questi aggiunsero il titolo di San Gaetano a quello precedente di San Michele de’ Bertelli. Fra le varie denominazioni antiche — «de’ Berteldi», «in Berteldi», «Berteldi», «Bertelde» «in Bertelde», «de’ Bertoldi» etc. etc. — giusta questa, che il Del Migliore (p. 439) assicura citata ripetutamente nei documenti più remoti, dal cognome di una cospicua famiglia fiorentina, poi estinta, che aveva il patronato della chiesa. Fu detta anche «degli Antinori» dal 1490 circa, quando questi andarono ad abitare il palazzo prospiciente, e «de’ Diavoli», da un affresco sulla vecchia facciata, raffigurante la vittoria dell’Arcangelo.

7 FILIPPO BALDINUCCI, Notizie de’ Professori del Disegno da Cimabue in qua, varî Firenze, n. 6 Parti, 1681-1728; Parte V (1702), Giuseppe Manni, pp. 15-49; p. 42.

8 Convento di Santa Felicita, Archivio 83, Libro di Conti 4, c. 45 v.; Filza di Chiesa 195, c. 35 r.; etc.

9 Decime Granducali, Filza 49, c. 140 r., Partito 84: «Lodovico figlio di Batista d’Ulivieri Ciardi… per una casa nel popolo di S.o Lorentio nella via del Giglio, per l’anno 1596… »; Decime Granducali, Filza 53, c. 59 r., Partito 136: «Lodovico di bat.a Cardi… per casa nel p.lo di S.a M.a Maggiore sul canto de carnesecchi». V. anche: FEDERIGO FANTOZZI, Pianta geometrica della Città di Firenze alla proporzione di I a 4500 levata dal vero e corredata di storiche annotazioni, Tipografia Galileiana, Firenze, 1843; pp. 40, n. 53, e 74, n. 151.

Canto de’’Carnesecchi — poi Canto del Centauro e prima Canto di Panzano e de’ Panzani (=pantani) — era il tracciato dell’angolo esterno che un tempo formava a Nord – Ovest la cerchia delle mura romane, là dove ora s’incontrano Via de’ Cerretani e Via de’ Rondinelli. L’identificazione della casa del pittore da me proposta — seguendo il Fantozzi — non è rigorosamente sicura. Afferma infatti il Carocci: «Sotto il nome di Canto de’ Carnesecchi si comprendevano anche in parte le indicate vie [de’ Cerretani, de’ Panzani, de’ Banchi, de’ Rondinelli], dove i Carnesecchi ebbero palazzi e case in gran numero e più specialmente la via che, senza nessuna ragione storica, si volle / ai primi del XI secolo intitolare de’ Rondinelli, mentre, più logicamente avrebbe dovuto chiamarsi de’ Carnesecchi». Da: GUIDO CAROCCI, Per le strade di Firenze. I Canti, in «Bollettino del l’Associazione per la difesa di Firenze», Giugno 1904, pp. 23-33; pp. 27-28.

10 FERDINANDO LEOPOLDO DEL MIGLIORE, Zibaldone Genealogico sesto, c. 46: Gabella dei Contratti D 252, A 1604, n. 2: Lod. co di Giob. d’ Ulivieri Cardi Civoli Citt. Compera. Nel margine s.: «forse il Pitt.re». Segnatura attuale del Ms.: Magliabechiano Classe XXVI, Codice 136.

11 Archivio di Stato di Firenze, Decime Granducali, Filza 2766, c. 181 r., Partito 79.

12 Op. cit. alla nota 7), p. 21.

13 GIOVANNI ROSINI, Storia della Pittura italiana esposta coi monumenti, Niccolò Capurro, Pisa, n. 8 Voll. di Testo e n. 5 di Tavole, 1839-1847; Testo, vol. VI (1846), p. 114. Sui rapporti fra il Cigoli e Galileo, v.: Macchie di Sole e Pittura – Carteggio L. Cigoli – G. Galilei (1609-1613), a cura di Anna Matteoli, n. 32 del «Bollettino dell’Accademia degli Eutelèti», Palagini, San Miniato, 1959.

14 Nel Codice 2427, c. 179 t., della Biblioteca Riccardiana, nell’elenco delle famiglie passate nel ruolo dei cittadini fiorentini, si legge: «Lodovico, Bastiano e Uliviero di Batista di Uliviero Cardi a 26 di Luglio 1588 fatti cittadini fiorentini per decreto dei Duegento ». Il che conferma il Codice B, VI, 14, c. 11 v., della Marucelliana, dove, nell’elenco dei Cittadini aggravezzati al tempo de Duchi, si legge: «Cardi Lodovico Bastiano e Ulivieri di B.a di Ulivieri D.71 26 Lugl.0 1588».

15 Alcuni degli ultimi discendenti del Cigoli e più esattamente di Piero di Nanni (Giovanni) suo zio paterno, vivono oggi a Roncoferraro, in Provincia di Mantova.

16 Tale stemma accompagna un elenco di appartenenti al più antico ramo fiorentino dei Cardi, che furono Notari de’ Signori dal 1381 al 1529.

17 LUIGI PASSERINI ORSINI DE’ RILLI: Collezione Genealogica Passerini – Alberi di famiglie nobili fiorentine, compilati intorno alla metà del secolo XIX: Notizie sulla famiglia Cardi – Gualandi da Cigoli, Ms. 171/3. V. anche: VITTORIO SPRETI e collaboratori, Enciclopedia Storico – Nobiliare Italiana – Famiglie Nobili e Titolate viventi riconosciute dal R.O Governo d’Italia, Enciclopedia Storico – Nobiliare Italiana, Milano, n. 6 Voll., 1928 – 1932; Appendice, Soc. An. STIRPE, Milano, n. 2 Parti, 1935; Vol. III (1930), voce Gualandi alle pp. 600-601; Appendice, Parte l, voce Cardi Cigoli a p. 523.

18 EMILIO RUFINI, S. Giovanni de’ Fiorentini, nella Collezione Le Chiese di Roma illustrate, n. 39, Marietti, Roma, 1957; pp. 4748, 105; PASSERINI, op. cit. alla nota 17), Mss. e 156, Mancini.

 


 

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