Rivista d’Arte
Anno V –
1907
FIRENZE ALFANIE VENTURI, EDITORI 1907
Numeri IX-XII
Appunti d’Archivio
Un’ indelicatezza del Baldinucci ed una vendetta artistica del Cigoli
di Attilio Jalla
— Nello scrivere la vita di Lodovico Cardi da Cigoli, il Baldinucci — e sarebbe assai utile indagare s’egli compose il resto delle Notizie con lo stesso metodo — seguì l’esempio del suo grande predecessore Vasari: non si contentò cioè di esporre ordinatamente le notizie che gli risultavano certe, ma, a rendere più piacevole ed agile il racconto, non dubitò di raccogliere le voci vaghe, talvolta leggendarie, che la tradizione orale aveva fin allora serbate, nè di modificare secondo il proprio ideale le narrazioni più disordinate ed incolte dei predecessori.
Per le notizie certe si giovò quasi esclusivamente di quella Vita del Cigoli, che Giovan Battista Cardi Cigoli, un nipote del pittore, prepose nel 1637 al trattato scritto da quest’ultimo, dopo lunghi studi e fatiche, nei begli anni della virilità, la Prospettiva pratica, la quale, pronta per la stampa, non fu per varie vicende pubblicata mai.
Avendo avuto la fortuna di ritrovare la Vita nella Biblioteca Nazionale di Firenze, ho potuto constatare che il Baldinucci la seguì passo passo, nella descrizione dello sviluppo artistico e dei progressi materiali del pittore, nell’enumerazione delle numerose opere di pittura ed architettura di lui, null’altro di nuovo notando, se non qualche quadro di secondario valore, dipinto per privati, o qualche notizia sulla condizione attuale delle singole opere.
Ma, parendogli troppo misera e monotona una narrazione siffatta, qua aggiunse un episodio che potesse invogliare alla lettura, o leggendario come quello del pellegrino miracoloso giunto in tempo debito a posare dinanzi al Cigoli per il S. Francesco del Monastero di Fuligno, ora nel Museo di S. Marco, o romantico come quello del cane venuto in S. Pier Maggiore a morire sulla tomba del padrone; là modificò, colorendo, sviluppando, ordinando, secondo il proprio gusto estetico, fatti già noti, che nella realtà apparivano o troppo semplici o troppo disordinati.
Riservandomi di trattare a fondo la quistione più tardi, mi limiterò qui a citare un fatto solo, interessante e come indice del metodo del Baldinucci, e perchè strettamente connesso ad un disegno del Cigoli, che si trova ora nella collezione degli Uffizi.
Narra dunque l’autore delle Notizie che il Cigoli, chiamato a Roma a dipingere una tavola in S. Pietro, fu subito circondato dalla invidiosa malevolenza dei pittori romani; uno dei quali, approfittando dell’assenza del nostro artista, ricondotto in Firenze in occasione delle nozze di Cosimo II, riuscì a penetrare di nascosto nel palco ove il quadro appena abbozzato era chiuso, e subito «gli disegnò tutta l’ invenzione della tavola, poi la messe al punto, e fattala segretamente intagliare in rame l’ impresse sopra carte affatturate per modo, che paressero stampe non del tutto moderne».
Quindi, mostrando per tutto quelle stampe, andava dicendo che il Cigoli, inabile a compiere qualcosa d’originale, svergognava la basilica Vaticana con la semplice copia d’una stampa tedesca.
Il pittore fiorentino, benché soffrisse della calunnia, stimava indegno di sè il rispondervi con clamorose proteste ; e, ad esprimere il suo disprezzo, stando una sera di quell’ inverno fra il 1607 e l’ 8 presso il fuoco coi familiari, e scorgendo un’allusione al suo nome ed al suo caso nello stridore d’un tizzone umido, citò ad un tratto il verso dantesco (Inf., XIII, 42) :
« E cigola per vento che va via ».
Poi, a fine di scoprire la malignità degli avversari «fece aprire da ogni banda il serraglio, intorno alla sua pittura, quindi a vista d’ognuno montato in sul palco diede di mestica alla abbozzata Istoria, e dopo alcuni giorni senza altra tenda o coperta tornò a dar principio con diversa invenzione al suo lavoro ». (Cfr. Baldinucci, Notizie ec, Firenze, 1846, III, 260-2).
La narrazione del Cardi Cigoli, da cui questa deriva, non solo è assai peggio ordinata e condotta, ma anche in qualche parte sostanzialmente diversa.
A c. 9 r. egli scrive che, giunto il Cigoli a Roma « l’arrivo di lui messe bisbiglio fra’ professori essendo stato con applauso generale, ma non già procacciato da lui con artifizio alcuno; e di subito dato principio ai suoi disegni, e stabilitosi, cominciò ad abbozzar la sua opera ». Qui fu richiamato a Firenze.
Tornato, trovò che la sua tavola « mentre mancava (egli) di là era stata da’ Sopraciò scoperta acciò pubblicamente si vedesse; il che udì con tal dispiacere, che lasciatola stare deliberò allontanarsi da quella, e rimutarla; e perciò si ritirò a S. Paolo per far fare i ponti, et ordigni per dar principio a quella » (la tavola della morte di S. Paolo, di cui è parlato più innanzi); « …. et in quella invernata quivi trattenendosi, dai dispiaceri preso, volentieri stava in quella solitudine, mediante la quale più in quelle fantasie fissandosi, era al fuoco, quando un pezzo di legno verde da un lato quasi soffiando esalava con qualche sibilo quell’umido sottile, che dal calore fuori veniva spinto, il che da lui considerato, appropriandoselo a se, vi aggiunse questo motto: Cigola quel vento che va via » (evidentemente è il verso dantesco storpiato).
Dopo aver atteso poi alle solenni esequie del granduca Ferdinando I, « alleggeriti i travagli, tornò a S. Pietro, dove rimutò in qualche parte la sua storia ».
Acquistatosi con questa ed altre opere la stima di papa Paolo V, questi l’incaricò dell’adornamento della propria cappella in S. Maria Maggiore.
Qui l’ ira dei rivali non ebbe più freno; i quali, vista pur finita e « molto più lodabile di quello che dalla bozza avevano conceputo » la tavola di S. Pietro, « poi che non li dava loro il quore con l’opere di superar la virtù di lui, presero espediente… di subito disegnarla per farla intagliare » sì come fecero, per mano di un fiammingo, e speditamente impressola in una carta sudicia, andavano dicendo che egli l’aveva cavata da una stampa forestiera, e quella mostravono, e che, avendola di dreto lucidata, veniva solamente rivolta la parte destra nella sinistra, procedendo la mutazione dall’averla lor fatta intagliare per l’appunto come sta in opera, la quale stampata poi mostrava impressa la parte destra nel luogo della sinistra.
Il che essendoli riferito, senza restar alterato disse che l’ invidia non aveva fondamento, e perciò in breve resterebbe destrutta, e che avendo quelli disegnata la sua storia, egli voleva disegnar la loro; et in questo proposito un giorno messosi a disegnare, finse che una Giovane ignuda dì bello aspetto, quasi che prodotta da sterpi, avessi i piedi fra’ pruni, e spine, e che dal lato destro uscendo d’una caverna una sozza, e brutta Vecchia con orrida faccia, col capo di serpi in cambio di capelli cinto, con occhio torvo, rivolta alla giovine, dalla sua immonda bocca verso di lei spirasse avvelenati vapori, e nella man destra tenendo infocate saette al volto di essa rabbiosamente l’avventasse, le quali punto nocendo alla Giovane illesa, rimaneva col capo coronato, e con le braccia elevate all’aria convertite in rami di verde alloro ».
Non v’ è chi non veda come il Baldinucci ha trasformata la narrazione per renderla più sobria, più ordinata, più elegante, con poco rispetto della verità. Ma sopra tutto increscioso fu il tralasciare quest’ultimo episodio riferentesi al disegno, che esiste tuttora segnato col numero 930 fra i disegni del Cigoli esposti nel terzo Corridore degli Uffizi.
Corrisponde esattamente alla surriferita descrizione : la giovine donna nuda, bellamente disegnata, collo sguardo volto in alto, con le braccia elevate, che terminano in rami d’alloro forse pel ricordo di Dafne, salvatasi per una simile trasformazione dalle cupidigie d’Apollo, spicca contro un gran masso, alla cui destra s’apre la caverna donde esce la vecchia spaventosa. Alla sinistra invece si scorge, vagamente accennata, la campagna lontana.
Per la sobrietà e la grazia elegante con cui è composto, questo disegno è da mettersi fra i migliori del nostro pittore.