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Discorso Muto

 

di  Massimo Mattioli*

 

Dal Catalogo della Mostra “Discorso Muto” –  allo Spazio Ulisse, Museo della Cattedrale di Chiusi (SI)

Giugno – Luglio 2024

 

 

 

Due amici, Paolo (giovane studioso d’arte) e Angelo (giornalista del Corriere), parlano della mostra appena vista…

  • “Sai una cosa? Quando ho visto l’invito con quel titolo, ho pensato ‘oddio, ancora con queste astrusità contemporanee?’. E invece, cavolo, non riuscivo a venir via!”.

Paolo era rientrato a casa per il fine settimana da Siena, dove studiava storia dell’arte, e si era deciso ad andare a vedere quella mostra.

E in galleria aveva incontrato Angelo, un vecchio amico di suo padre, un giornalista anche lui con laurea in arte, che curava la pagina culturale sul Corriere. Era da un po’ che non si vedevano, ma in passato spesso si erano scontrati su questioni artistiche.

Ma lo rivedeva con piacere.

  • “Ah sapessi quanti inviti simili arrivano in redazione, non immagini! Tu sei ancora un purista, ma l’arte contemporanea tante volte riesce a sorprenderti, bisogna imparare a leggerla…”.

Intanto si avviavano verso il Museo della Cattedrale, dove erano già passati, ma c’era troppa gente e avevano dato solo uno sguardo veloce.

  • “Gin tonic? Ti ho detto che poi mi sono ricreduto, ma sicuramente tu mi aiuterai a sorprendermi”, propose il giovane, provocatorio. Intanto: vogliamo sbrogliare l’enigma di questo titolo, Discorso muto?”.
  • “Guarda, sono sicuro che ce la puoi fare anche tu”, rispose Angelo, con un sorrisetto sardonico.

Non perdeva occasione per tirare le orecchie a quel ragazzo un po’ supponente, con la spocchia del suo storico ateneo.

Ma gli voleva bene, praticamente l’aveva visto nascere. E Paolo tentava invano di dissimulare una vera ammirazione per lui: le sue scelte accademiche dovevano molto alle appassionate “lezioni” che fin da bambino aveva ascoltato da lui, affascinato.

  • “Pensi subito ad un ossimoro, no?”, riprese Angelo, mentre sorseggiava il drink. È semplicistico, non essere così manicheo. In galleria abbiamo visto le bellissime fotografie in esterno di Dituri, con quei paesaggi e alberi immersi in una nebbia eterea che trascendono il tempo e lo spazio…”.
  • “Sì, ho notato il tuo sorrisetto perfido quando ti ho sussurrato che mi ricordano D’Annunzio”, lo fermò Paolo. In realtà guardando quelle fotografie naturalistiche mi ha colpito la completa compenetrazione tra l’elemento naturale e quello umano, la profonda percezione del mondo esterno che mi ha fatti pensare al sentimento panico della natura che trovi ne “La pioggia nel pineto”.
  • “Ma guarda che è un’ottima intuizione, eh, davvero pregnante”, lo rassicurò il giornalista. Anzi, non è escluso che te la ruberò nella mia recensione…”, e stavolta il sorriso era affettuoso. Comunque, parlavamo del titolo: negli spazi del museo avrai notato che l’artista americano presenta anche degli interni. Qui il suo sguardo metafisico – lui stesso ha rimarcato la sua ammirazione per de Chirico – utilizza la luce e l’ombra per creare immagini che sembrano sospese tra realtà e sogno. Ecco, io direi che è proprio qui che si realizza quel ‘discorso muto’ che lo avvicina all’opera di Mauro Manetti. Scene abitate da presenze invisibili rispecchiate nelle suggestioni di una bellezza senza tempo…”.
  • “Le opere al museo le ho viste da lontano, dopo vorrei tornarci”, continuò il giovane, mentre richiamava il cameriere, ma certo la sua scultura esposta in galleria è potente, direi quasi solenne… lo prendo un altro drink, mi fai compagnia?”.
  • “No grazie, stasera devo lavorare, lo sai! Sì, sono d’accordo, quella scultura sublima le suggestioni trasversali con un omaggio che attualizza la spiritualità tardogotica eternandola nella scelta del cemento come materiale primordiale. E di modalità formali neocubiste. Una modalità che ho vista in tante opere di Manetti, che conferma anche una grande padronanza dei mezzi”.
  • I suoi lavori al museo sono delle carte, mi sbaglio?”, chiese Paolo.
  • “Sì, opere polimateriche, molto ricercate, ho visto le immagini nella cartella stampa, e comunque le conoscevo già da altre mostre. Anche qui ci sono letture trasversali ed evocazioni di simbologie universali, che monumentalizzano dettagli anatomici arrivando a permeare la tradizione di sperimentalismo”.
  • “Cavolo, sembra che tu stia già scrivendo la tua recensione!”, sorrise il giovane. Beh, certo, certe chiavi di lettura entrano nel tuo immaginario anche senza che tu te ne renda conto, quando lo fai da tanto. E con passione, permettimi”.
  • “Ma lo so, che sei un critico serio”, stavolta era Paolo che assumeva un tono bonariamente canzonatorio. Senti, mi sembra che Dituri lo conosci da tanti anni vero? Com’è? Mi pare che abbia una storia personale importante…”.
  • “Frank? Beh, uno che ha insegnato al Guggenheim di New York, ha esposto alla Biennale dí Venezia e al MOMA di Mosca, ha sue opere al Museo Pushkin, ne ha da raccontare”, sorrise Angelo. Mi ha sempre affascinato la sua sensibilità verso la luce e le ombre, fra nebbia e luce crepuscolare, che fanno dei suoi paesaggi non sono semplici rappresentazioni della realtà, ma evocazioni di stati d’animo e atmosfere oniriche”.

 

*Massimo Mattioli

È nato a Todi (PG) nel 1966. Nel 1993 ha conseguito la laurea in Storia dell’Arte Contemporanea presso l’Università degli Studi di Perugia, discutendo una tesi dal titolo «L’arte di Piero Dorazio dagli anni della formazione al 1960».

Fra il 1994 e il 2000 ha seguito per diversi periodi gli archivi personali degli artisti Piero Dorazio e Bruno Ceccobelli. Nel 2007 ha curato la costituzione, l’allestimento ed il catalogo del Museo Nino Cordio a Santa Ninfa (Tp).

Ha tenuto lezioni in diversi Master postuniversitari: nel 2009 su “Comunicazione nell’arte” al Modigliani Institut Paris-Rome di Roma, nel 2012 su “Editoria periodica dell’arte” all’Università Luiss di Roma, nel 2019 su “Comunicazione nell’arte” alla School for Curatorial Studies di Venezia.

È stato membro del comitato curatoríale per il Padiglione Italia della Biennale di Venezia 2011, e consulente per il progetto del Padiglione Italia dedicato agli Istituti Italiani di Cultura nel mondo.

Nel dicembre 2015 ha curato per la Galleria nazionale d’Arte Moderna di Roma una giornata di studi dedicata a Piero Dorazio, nel decennale della scomparsa dell’artista.

È consulente incaricato dal Comune di Todi per la realizzazione della futura Galleria Civica d’Arte Contemporanea di Todi.

È consulente incaricato dal Teatro Stabile di Bolzano per la progettazione e l’allestimento dello spettacolo “Sarfatti. L’anima del Duce”.

 


 

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