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GIO PONTI E IL DESIGN PER IL VETRO EMPOLESE

Comune di Milano

Civiche Raccolte Archeologiche

Association Internationale pour l’Histoire du Verre

Comitato Nazionale Italiano

 

Atti della III Giornata Nazionale di Studio

 

Il vetro fra antico e modernoMilano 31 ottobre 1997, Milano 1999

 

di

 

STEFANIA VITI PAGNI

 

 

Vetro verde, collezione del Muve, Empoli
Foto Alena Fialová 

 

GIO PONTI E IL DESIGN PER IL VETRO EMPOLESE

 

Gio Ponti, noto architetto e industriai designer italia­no, nasce nel 1891 a Milano dove si laurea ed intra­prende la carriera di architetto. Facendo pratica con Mino Fiocchi ed Emilio Lancia, fino dagli esordi Ponti concentra i suoi interessi sull’architettura d’in­terni e sulla progettazione industriale: nel 1923 fonda il gruppo “Il Labirinto” insieme agli architetti Buzzi, Chiesa e Lancia; nello stesso anno ha inizio la sua carriera di direttore artistico preso la Manifattura Richard Ginori di Doccia, vicino a Firenze, ruolo che rivestirà fino al termine degli anni Trenta (1).

Un ventennio circa, questo, di intensa attività intellet­tuale che vede Ponti impegnato nella progettazione di arredi per case e negozi e nella conseguente defini­zione delle linee della nuova arte decorativa moderna. La frequentazione degli architetti decoratori de “Il Labirinto” e le molteplici collaborazioni con la Richard Ginori, Venini, La Rinascente, per citare le più note, maturano in Ponti quell’esperienza nei diversi settori delle arti applicate artigianali ed indu­striali che ne farà il principale elaboratore e divulga­tore delle teorie sull’industriai design in Italia.

Strumento di diffusione delle idee pontiane è “Domus”, la rivista mensile di arti decorative fondata da Ponti nel 1928 e da lui diretta dal 1928 al 1940 e dal 1948 al 1979, anno della sua morte (2).

È nel primo periodo di direzione della rivista che Ponti si avvicina al mondo del vetro: personalmente avvia una collaborazione stretta con Pietro Chiesa e con lui dirige dal 1933 al 1945 il reparto artistico “Fontana Arte” della “S.A. Luigi Fontana & C, fab­brica di vetri e specchi con sede a Milano.

Negli stes­si anni collabora saltuariamente con la compagnia muranese S.A.L.I.R. e nell’immediato dopoguerra con Venini e la “Fucina degli Angeli”.

L’Interesse di Ponti per il vetro emerge costantemente dalle pagine della sua rivista, nella quale non manca mai uno spazio per il vetro di produzione nazionale ed internazionale. Vetro e ceramica si rivelano a Ponti come i mezzi più adatti ad esprimere e veicolare il rinnovamento delle arti decorative italiane e con essi il concetto di industriai design.

Per questo Gio Ponti opera nelle ceramiche della Manifattura Richard Ginori di Doccia una scelta innovativa nella quale un repertorio di forme e di elementi decorativi di natura classica è reinterpretato in un linguaggio razionaliz­zante, talvolta ironico, ma sempre fortemente equili­brato (3).

La compostezza classica, la stilizzazione delle forme, la qualità del materiale sperimentate a Doccia insieme alla letteratura pontiana forniscono una chiave di lettura per il vetro empolese degli anni Trenta e Quaranta.

In questi anni Ponti segnala più volte su “Domus” la originalità dei vetri di Empoli prodotti dalla vetreria Taddei (4). In particolare la produzione che va sotto il nome di “vetri grossi Taddei”, presentata per la prima volta alla Triennale di Milano nel 1930 e qui riconosciuta come una delle produzioni italiane più innovative insieme a talune muranesi e a quella di Fontana Arte (5).

La presenza della vetreria empolese sulle pagine di “Domus” e la sua partecipazione alle maggiori mani­festazioni nazionali ed internazionali degli anni Trenta non sono fatti casuali, bensì il frutto di una stretta collaborazione fra l’architetto milanese e la vetreria di Empoli.

E ipotizzabile un contatto fra Gio Ponti e la Taddei già nel periodo in cui l’architetto è direttore artistico della Manifattura Richard Ginori di Doccia (6).

Lo spirito che anima le ceramiche Ginori disegnate da Ponti è sostanzialmente identico a quello che infonde forme nuove al tradizionale “verde Empoli”, che dalla bufferia passa al decorativo (7).

La collaborazio­ne con gli architetti Ernesto Puppo e Diego Carnelutti, che verso la metà degli anni Trenta dise­gnano alcuni vasi e servizi per la tavola in vetro verde, è un primo tentativo da parte della Taddei di realizzare un connubio fra artisti-architetti e industria al fine di qualificare la propria produzione (8).

Nei primi anni Cinquanta alcuni vetri Taddei portano la firma di Gio Ponti.

Giovanni Mariacher nel suo libro L’arte del vetro, edito nel 1954, nel capitolo dedicato al vetro in età moderna parla di alcuni centri italiani che, oltre Murano, hanno dato un loro contri­buto all’arte vetraria: fra questi cita «il Taddei di Empoli che ha recentemente prodotto con la collabo­razione dell’architetto Gio Ponti».

Mariacher si rife­risce a bottiglie, bicchieri, caraffe e vasi in vetro verde comune disegnati da Gio Ponti per Taddei ed esposti alla Triennale di Milano del 1951: si tratta in di una fiasca tripla e tre fiasche, un servizio composto da una fiasca, una caraffa e nove bicchieri di varia misura, un grande orcio e una bottiglia, tutti in vetro verde comune e di grosso spessore (9).

La notizia circa la progettazione di alcuni vetri da parte di Gio Ponti è confermata dieci anni più tardi sulla rivista specializzata The Italian Trade Magazine in un arti­colo sul vetro verde di Empoli (10).

In una sua intervista rilasciata nel 1977, Gio Ponti disse: «Io ho ora questa idea: che nella cultura moderna tutto è simultaneo, passato, presente e futu­ro” (11).

Un concetto di simultaneità temporale di contenuti, di idee e di linguaggi che venticinque anni prima era già una realtà nei vetri disegnati da Ponti per la vetreria Taddei di Empoli.

In essi si perpetua necessariamente la tecnica della lavorazione del vetro verde – dalla peculiarità delle materie prime impiegate, alla loro fusione nei bacini anziché in crogioli, alla particolare lavorazione della pasta vitrea – tipica delle vetrerie empolesi (12), men­tre il lessico vetrario della bufferia toscana persiste come memoria nelle forme d’uso (13).

Una bottiglia si ispira e reinterpreta l’antica “misura” da vino con la bocca tagliata in obliquo a formare il beccuccio. In una bottiglia in forma di ampolla, elegante nella sua semplicità e nel proporzionale equilibrio, l’ansa si libera dell’attacco superiore in un gioco di aeree tra­sparenze e di virtuale stabilità.

Un vaso e una botti­glia su peducci in vetro massiccio ricordano nelle loro forme globulari ed essenziali le coeve esperienze di Venini, Seguso e Barovier (14).

La geometricità scelta come carattere distintivo per una serie di bic­chieri deriva invece dai vetri scandinavi, innovativi in termini di industriai design, sotto il profilo stilistico-formale e produttivo (15).

L’applicazioni delle sanzioni economiche all’Italia nel novembre 1935 costringe gli italiani ad acquistare solo prodotti nazionali. Da tale contingenza Gio Ponti trae il presupposto per invitare le industrie italiane ad una «battaglia da ingaggiare» affinché le produzioni nazionali si sostituiscano a quelle straniere superan­dole in qualità e convenienza.

Una qualità del prodot­to italiano raggiungibile solo, come sostiene l’archi­tetto milanese, con l’intervento degli artisti e dei tec­nici italiani (16).

Ponti stesso dà l’esempio lavorando per la Richard Ginori di Doccia. Egli inizia la sua attività di designer proprio con la ceramica, «questo mio bellissimo e antico amore» come ebbe a dire in una delle sue ultime interviste, la «più suggestiva» fra le espressioni di arte applicata (17).

Ma anche il vetro, considerato uno dei materiali più adatti ad interpretare le esigenze dell’uomo moderno e perciò impiegato tanto in architettura quanto nelle arti applicate (18), non poteva sfuggire all’interesse di chi, come Ponti, si faceva promotore, interprete e teo­rico del rinnovamento delle arti decorative in Italia.

Tuttavia non si ha un totale e completo coinvolgimen­to di Ponti nell’elaborazione di un design per il vetro, cosa che accade invece con la ceramica.

Se Ponti pro­getta articoli da illuminazione per Fontana Arte da produrre industrialmente, di fatto altri vetri ideati da Ponti con Pietro Chiesa (sempre per Fontana Arte oppure per Venini) sono da considerarsi piuttosto interpretazioni d’artista in serie limitate oppure in pezzi unici, come il vaso in vetro soffiato “Luci” disegnato da Ponti per la Fucina degli Angeli nel 1954 e realizzato da Ermanno Nason (19).

Ciò può ritenersi valido anche per i vetri disegnati da Ponti nel 1951 per la vetreria Taddei di Empoli.

D’altra parte proprio negli anni 1951-1952 si acuisce in seno alla vetreria empolese quella crisi che porterà in breve tempo alla definitiva chiusura dell’impresa vetraria dei soci Taddei, Altini e Mainardi (20). La cessata produzione dello stabilimento conclude defi­nitivamente anche l’attività di Ponti come designer per il vetro di Empoli.

I vetri di Ponti segnano, così, la fine di un percorso produttivo sviluppatosi all’inse­gna di uno stile nuovo ed originale, elaborato da Taddei fino dal 1930, con cui la vetreria empolese aveva chiaramente dato forma e materia alle idee pro­pugnate da Ponti attraverso il suo lavoro di architetto e gli articoli programmatici pubblicati su “Domus” dal 1928 al 1940 a».

Il nuovo stile di derivazione pontiana viene ripreso da un’altra vetreria empolese, nata dalle ceneri della Taddei: la vetreria di Giuseppe Toso, Ugo Bagnoli e Compagni. Costruita poco fuori città, sul principale asse viario tra Empoli e Firenze, dal 1955 al 1975 circa la Toso Bagnoli produce vetro verde artistico, particolarmente richiesto sul mercato americano (22).

All’interno di un catalogo molto vasto si distingue un gruppo composito di vetri – servizi per la tavola, vasi ed oggetti d’ornamento – in cui si ripropongono le forme plastiche, i profili sinuosi, le asimmetrie che caratterizzano i vetri verdi disegnati da Ponti per Taddei nel 1951.

Sono questi gli ultimi segnali di un dialogo fruttuoso fra il vetro di Empoli ed il design. Fatte poche eccezioni, infatti, dobbiamo arrivare ai più recenti anni ’80 per assistere nel vetro d’Empoli ad una generale rinascita della sensibilità per il design (23).

 


 

NOTE

 

Si ringraziano per la loro preziosa collaborazione: la dott.ssa Anna Testa Direttrice della Biblioteca dell’Istituto Statale d’Arte di Firenze, la dott.ssa Patrizia Bongiorno del Museo e Biblioteca della Manifattura Richard Ginori di Doccia, la dott. Silvia Ciappi.

 

  • 1) Gio Ponti, Tomaso Buzzi, Pietro Chiesa, Emilio Lancia, Michele Marelli, Paolo Venini e Carla Visconti di Modrone si associano nel 1923 e fondano il gruppo “Il Labirinto” con lo scopo di promuovere le arti applicate italiane. H. RICKE – E. SCHMITT, Italian Glass. Murano-Milan 1930-1970. The Collection of the Steinberg Foundation, cat. mostra, Munich-New York 1997, p. 328.

 

  • 2) Gio Ponti fonda e dirige le riviste “Domus” (1928-1940; 1948-1979) e “Stile” (1941-1947). In esse pubblica numerosi articoli di architettura e design, indicando la strada da seguire per l’affermazione del moderno industriai design in Italia, in sintonia con i principi di nazionalità e autarchia. I principali articoli pro­grammatici editi su “Domus” negli anni 1928-1933 sono raccolti in G. PONTI, La Casa all’Italiana, Milano 1933.

 

  • 3) G. CEFARIELLO GROSSO, Gli anni dello stile Déco. La direzione artistica di Gio Ponti, in R. MONTI (ed.), La Manifattura Richard-Ginori di Doccia, Milano-Roma 1988, pp. 135-151.

 

  • 4) S. VITI, Il vetro artistico a Empoli nel XX secolo. Il fenome­no Taddei, in G. MECONCELLI NOTARIANNI – D. FERRARI (ed.), Il vetro dall’antichità all’età contemporanea, Atti della I Giornata Nazionale di Studio (Venezia 2 dicembre 1995), Venezia 1996, pp. 97-101.

 

  • 5) G. PONTI, La vicina IV Esposizione Internazionale d’arte decorativa alla Villa Reale di Monza, in “Domus”, 27, marzo 1930, p. 14.

 

  • 6) È attualmente in corso lo spoglio delle carte autografe di Gio Ponti al fine di una più corretta definizione su base documentaria dei contatti fra Gio Ponti, direttore della Manifattura di Doccia, e la vetreria empolese.

 

  • 7) C.A. FELICE, Arte Decorativa 1930 all’Esposizione di Monza, Milano 1930, tav. 83; cfr. VITI 1996 cit., p. 100, fig. 3.

 

  • 8) S. VITI, Il vetro d’Empoli dall’artigianato al design, in S. CIAPPI – S. VITI PAGNI (ed.), Le vie del vetro. Per una storia tra Valdelsa e Valdarno, Atti dell’Incontro di Studio, Empoli 10 maggio 1997, Empoli 1998, pp. 97-103.

 

  • 9) G. MARIACHER, L’arte del vetro, Milano 1954, pp. 177-178; A. PICA (ed.), Nona Triennale di Milano. Catalogo, Milano 1951, pp. 141-142.

 

  • 10) L’industria vetraria empolese, in “Empoli”, 1, V, settembre 1964, pp. 22-23.

 

  • 11) CEFARIELLO GROSSO 1988 cit., p. 139.

 

  • 12) S. VITI, Tecnologia e produzione del vetro artistico a Empoli dalle origini alla seconda metà del XX secolo, in Il vetro dall’antichità all’età contemporanea: aspetti tecnologici, funzio­nali e commerciali, Atti delle 2e Giornate Nazionali di Studio AIHV – Comitato Nazionale Italiano (Milano 14-15 dicembre 1996), Milano 1998, 265-273.

 

  • 13) Tariffa della Federazione Vetraria di Bufferia Toscana, Castelfiorentino 1907.

 

  • 14) G. PONTI, I vetri italiani alla Triennale, in “Domus”, 262, ottobre 1951, pp. 26-37; ZETTI – SPREAFICO (ed.), Vetri alla 9° Triennale di Milano, Milano 1952.

 

  • 15) M. QUESADA – H. RICKE – M.E. TITTONI (ed.), L’arte del vetro. Silice e fuoco: vetri del XIX e XX secolo, cat. mostra, Venezia 1992, pp. 297-317.

 

  • 16) G. PONTI, Battaglia da ingaggiare, in “Domus”, 96, dicem­bre 1935, p. 1.

 

  • 17) E. BIAVATI, Gio Ponti – Necrologio, in “Faenza”, 5, LXV, 1979, pp. 175-176.

 

  • 18) In particolare per l’uso del vetro nell’architettura e nell’arre­damento vedi la rivista “Il Vetro”, 1-12, 1938.

 

  • 19) C. CERUTTI, Vetri. Novecento, in Grande Enciclopedia dell’Antiquariato, VII, Novara 1987-1991, pp. 235-236; Vetri moderni d’Italia, in “Domus”, 87, marzo 1935, pp. 36-37; F. DEBONI, Murano ‘900. Vetri e Vetrai, Milano 1996, pp. 41 e 401.

 

  • 20) ARCHIVIO STORICO DEL COMUNE DI EMPOLI, F. “I.V.I. ESERCIZIO VETRERIE E. TADDEI & C, EMPOLI”; SEZIONE ECONOMICA DELLA CAMERA CONFEDERALE DEL LAVORO PROVINCIALE – SEZIONE VETRO E C.L. DI EMPOLI – FEDERAZIONE PROV. DEL VETRO E DELLA CERAMICA (ed.), Per la salvezza dell’industria del vetro della provincia di Firenze, Firenze 1955.

 

  • 21) Sull’analisi della produzione della vetreria Taddei vedi S. VITI, La produzione Taddei attraverso le mostre e le riviste degli anni Trenta e Il catalogo della vetreria Taddei, in S. VITI, L’arte del vetro ad Empoli, Tesi di Laurea, Università degli Studi di Firenze, Facoltà di Lettere e Filosofia, relatore prof.ssa M.G. Ciardi Dupré Dal Poggetto, a.a. 1992-1993, pp. 174-301.

 

  • S. VITI, La Vetreria Toso Bagnoli & C. di Empoli, in corso di stampa.

 

  • VITI 1998 cit.

 


 

ALTRA BIBLIOGRAFIA

 

R. ALOI, L’arredamento moderno. Milano 1952.

M. BAROVIER – R. BAROVIER MENTASTI – A. DORIGATO, Il vetro italiano alle Biennali 1895-1972, Milano 1995.

A. DEBENEDETTI (ed.), Il vetro italiano 1920-1940, Torino 1996.

S. VITI, Il vetro empolese. Storia, tradizione, oggetti, in W. SIE-MONI – M. FRATI (ed.), Empoli. Una città e il suo territorio, Empoli 1997, pp. 135-141.

S. VITI, Storia della lavorazione del vetro nell’empolese, in D. BARTOLI – TE. AIA – A. ZINGONI – M. VALIANI (ed.), Vetrerie Artistiche. Tecnologia, rischi e prevenzione nelle vetrerie artistiche, Atti del Convegno, Empoli 14-15-16 Maggio 1997, Firenze 1997, pp. 5-7.

 


 

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