Museo Nazionale del Bargello,
conclusi i lavori di riallestimento
alla Sala Islamica e delle Maioliche
Le due sale, che custodiscono due collezioni tra le più preziose, variegate e ricche in Italia, riaprono al pubblico dopo nove mesi. L’intervento va a innestarsi nel serrato programma di grandi lavori sviluppato a partire dal 2016 nelle cinque sedi dei Musei del Bargello
Firenze, 7 giugno 2024 – Taglio del nastro per altre due sale riallestite al Museo Nazionale del Bargello, che dopo la Sala degli Avori, la Cappella della Maddalena, la Sagrestia, la Sala della Scultura Medioevale, la Sala Barocca e il Medagliere vede concludersi anche il riallestimento della Sala delle Maioliche e della Sala Islamica.
Le due sale, chiuse al pubblico a partire da settembre 2023 per consentire il montaggio delle vetrine e una nuova, moderna, disposizione delle opere, riaprono al pubblico a partire da domani, sabato 8 giugno 2024.
Il progetto di riallestimento della Sala Islamica e della Sala delle Maioliche, collocate al primo piano del Museo, è stato curato dallo studio di architettura Guicciardini & Magni, e ha visto un ripensamento del percorso espositivo, migliorando anche le modalità di conservazione e valorizzazione delle opere grazie all’ausilio di speciali vetrine dotate di cristalli antiriflesso e controllo del microclima. I lavori nelle due sale sono stati finanziati grazie al Piano Strategico “Grandi Progetti Beni Culturali” del Ministero della Cultura per un totale di 2.200.000 €.
La procedura di gara per l’appalto dei lavori, gestita da Invitalia, è stata vinta dal raggruppamento temporaneo di imprese (RTI) composto da Goppion SpA con la ditta Masi.
“Sono lieto di presentare questo importante progetto di nuovo ordinamento di due straordinari nuclei collezionistici del Museo Nazionale del Bargello – ha dichiarato il Direttore Generale Massimo Osanna – e che esemplifica l’impegno del Ministero della Cultura nel finanziare nuovi allestimenti che migliorino la presentazione e tutela di opere meravigliose.
Grazie al lavoro di professionisti, maestranze, artigiani, restauratori, all’impegno dei curatori dell’allestimento e di tutto lo staff dei Musei del Bargello, le collezioni di arte islamica e di ceramiche sono nuovamente valorizzate in una disposizione elegante e funzionale. Sin dalla sua apertura al pubblico nel 1865, il Bargello, primo museo dell’Italia unita, ha curato particolarmente l’esposizione delle arti decorative, portando ad una tradizione di importanti donazioni che prosegue ancora oggi. Se il Ministero della Cultura, con i Grandi Progetti per i Beni Culturali, ha finanziato la progettazione e la realizzazione delle vetrine nelle due sale, è grazie ai maggiori introiti derivanti dall’autonomia dei musei che si è appena avviato il restauro e nuova sistemazione del Salone di Donatello che si concluderà il prossimo autunno.
L’aggiornamento degli allestimenti museali e la maggiore accessibilità delle collezioni sono prioritari per la Direzione Generale Musei e vedono un impegno crescente nei luoghi di cultura statali”.
“L’allestimento delle due sale – chiarisce l’architetto Piero Guicciardini – segue la linea stilistica già intrapresa negli anni scorsi per la Sala degli Avori e per la Cappella della Maddalena. Mantenendo la conformazione delle due sale, con poche variazioni sul loro assetto, sono state riprogettate tutte le vetrine.
Le nuove teche sono ad alta tecnologia e sono a tenuta di aria e di polvere, con un sistema passivo di controllo dell’umidità relativa e sono dotate di vetri antiriflesso e illuminazione interna a led. Questo garantirà una migliore conservazione delle opere e soprattutto una loro più facile lettura da parte dei visitatori.
Una nuova illuminazione e l’apparato grafico rinnovato completano l’opera di allestimento delle due sale”.
“La sala islamica del Bargello, che non espone tutti i materiali afferenti a tale civiltà, è stata costituita più di quaranta anni fa, ed è per qualità delle opere la più importante in Italia – spiega il curatore Giovanni Curatola -. Il nuovo allestimento, nel solco di una tradizione ormai consolidata, garantisce una maggiore visibilità degli oggetti. Si sono riviste e in molti casi confermate le attribuzioni e valorizzate le acquisizioni recenti come i due rari tappeti mamelucchi gemelli (XVI secolo), acquistati dallo Stato e destinati a questo grande museo. I materiali sono stati raggruppati per provenienza storica (come, per esempio, quelli di ascendenza medicea e granducale) e anche per tipologia in modo da fornire al visitatore un quadro quanto più possibile omogeneo. Per la sezione tessile, preziosa, assai ricca e ingombrante, sono state previste periodiche rotazioni dei reperti”.
“L’importante raccolta ceramica del Bargello – spiega Marino Marini, curatore della Sala delle Maioliche – una delle più notevoli fra quelle conservate in Italia, ha finalmente ottenuto una degna visibilità nella nuova sala delle maioliche. L’attuale allestimento, ispirato a criteri espositivi aggiornati e voluto dall’ex-direttrice Paola D’Agostino, adesso permette di ammirare appieno le oltre 400 opere ceramiche esposte nella sala, una selezione dei circa mille esemplari conservati nel museo. In particolare, i grandi piatti istoriati già di proprietà dei Medici, giunti al Bargello nel 1865, sono adesso inseriti in vetrine al centro della sala e collocati su pannelli trasparenti che ne rendono visibili sia il fronte che il verso. A completare la valorizzazione della raccolta è giunto anche il nuovo catalogo delle maioliche e delle ceramiche, pubblicato in doppia edizione italiana e inglese da Allemandi e finanziato dai Friends of the Bargello, dove sono illustrate e descritte tutte le opere facenti parte della collezione ceramica del Bargello”.
Alla conferenza stampa di presentazione del riallestimento delle due sale, che si è svolta venerdì 7 giugno al Museo Nazionale del Bargello, erano presenti, insieme al Direttore Generale Massimo Osanna, all’architetto Piero Guicciardini e ai due curatori Giovanni Curatola e Marino Marini, anche Ilaria Ciseri, responsabile delle collezioni del Museo Nazionale del Bargello e Costantino Ceccanti, funzionario architetto dei Musei del Bargello e RUP del progetto.
All’interno della rinnovata Sala Islamica – curata da due tra i massimi specialisti della materia a livello internazionale Giovanni Curatola e Marco Spallanzani – trova spazio una preziosissima selezione di metalli, avori, ceramiche oltre a raffinati tessuti e tappeti, per un totale di quasi 100 opere esposte, tra le più pregiate della ricchissima raccolta del Museo Nazionale del Bargello, che possiede una delle principali collezioni d’arte islamica in Italia. Formata da un prezioso e antico nucleo mediceo, la collezione del Bargello fu notevolmente arricchita, grazie all’antiquario lionese Louis Carrand (1827-1888) che decise di lasciare al museo la sua grande raccolta di arti decorative di età medioevale e moderna.
Anche il barone Giulio Franchetti (1840-1909) donò al museo nel 1906 una propria collezione: in questo caso si trattava esclusivamente di tessuti antichi, orientali ed europei, databili fra il Medioevo e il Settecento, frutto di una passione, coltivata e perseguita per una intera vita, alla ricerca dei pezzi più scelti, più belli e più rari. A questa raccolta straordinaria vanno ad aggiungersi i due antichi tappeti egiziani che lo Stato Italiano ha acquistato nel 2022, esercitando il diritto di prelazione, andando ad arricchire la collezione del Bargello.
I due tappeti cinquecenteschi, provenienti dalla Villa Medicea di Camugliano (Ponsacco, provincia di Pisa) sono non solo l’unica coppia “gemella” di questo genere di manufatto arrivata fino a oggi ma, considerata la loro “età”, sono anche in un buono stato di conservazione. Sicuramente tessuti insieme, forse su di un unico telaio, sono del tipo a soli tre colori e quindi quasi sicuramente realizzati nell’ultimo periodo mamelucco, cioè il primo quarto del XVI secolo.
Già nel XV secolo illustri esponenti di casa Medici, quali Piero dei Medici e Lorenzo il Magnifico, collezionarono notevoli manufatti provenienti da Oriente. Questo anche in virtù dei rapporti commerciali e politici che Firenze aveva nel Rinascimento con le potenze musulmane d’oltremare (i Mamelucchi in Egitto e gli Ottomani in Turchia). Lo testimoniano, in questa sala, sei opere in metallo (due bruciaprofumi, una brocchetta, una scatola emisferica, una ciotola con versatoio e una “coppa rituale”) tutte di provenienza granducale. Anche la lastra in marmo che proviene da una moschea dell’Alto Egitto, un’ascia cerimoniale e la giacca da parata (opera unica al mondo), hanno la medesima origine.
La vetrina con gli avori (tra cui un cofanetto spagnolo del X sec. e un elefantino/scacco iracheno del X sec.) presenta opere molto rare e fra le più famose al mondo. La parte più consistente della collezione è quella dei metalli. Qui sono numerosi i capolavori, come l’imponente brocca (Egitto o Siria 1363-1377), il vaso da Mosul, Siria (1259) o il l bruciaprofumi sferico (1317-1335). Anche le ceramiche, in particolar modo le mattonelle di rivestimento parietale, sono ben rappresentate. Spiccano quelle a “lustro metallico” di provenienza persiana (XIII sec.) e quelle in vivace policromia di ambito ottomano (XVI sec.). Alle pareti un grande tappeto (cosiddetto “Lotto”) di provenienza anatolica e la rarissima coppia di mamelucchi.
Le arti decorative islamiche sono tutt’altro che “minori”: sono opere rappresentative di una cultura molto estesa geograficamente (dalla Spagna alla Cina) e con un’ampia cronologia: qui dal X al XVII secolo. Questi ornati estremamente raffinati hanno sempre affascinato la cultura occidentale. L’epigrafia, non necessariamente religiosa – in vari stili di scrittura – è dappertutto e si alterna a decorazioni geometriche e floreali: i tipici arabeschi. Non mancano le immagini figurative, perché la rappresentazione umana non era proibita, bensì limitata all’ambito privato.
Gli esemplari esposti nella Sala delle Maioliche, il cui curatore scientifico è Marino Marini, esperto del settore e già funzionario responsabile delle collezioni ceramiche del museo, di cui ha recentemente pubblicato il catalogo scientifico – sono oltre 400 e costituiscono una selezione della grande raccolta conservata al museo. Il nucleo fondante giunse dalla Galleria degli Uffizi nel 1865, anno di apertura al pubblico del Bargello, il primo museo nazionale italiano dedicato alle arti decorative e alla scultura del Medioevo e del Rinascimento.
Di pari passo iniziarono le donazioni da parte di privati cittadini, antiquari e collezionisti che continuano anche ai giorni nostri. Nelle vetrine collocate al centro della sala sono riunite le maioliche superstiti della grandiosa raccolta dei Medici che contava più di 6000 pezzi fra ceramiche, maioliche e porcellane, prima di venir decimata dalle ingenti dispersioni avvenute fra la seconda metà del XVIII e la prima del XIX secolo.
Fra tutte risaltano le maioliche realizzate dai vasai di Urbino con figurazioni tratte dalla mitologia, dalla storia greca e romana, dalle sacre scritture e dai testi a stampa (Metamorfosi di Ovidio, De bello Gallico di Giulio Cesare, Bibbia). Si distinguono i bacili e i rinfrescatoi istoriati con le gesta di Cesare, creati dalle manifatture urbinati dei Fontana e dei Patanazzi, che replicano un celebre servito realizzato sui disegni eseguiti da Taddeo Zuccari e richiesto da Guidobaldo II duca di Urbino come dono per il re di Spagna Filippo II.
Fra le opere più rilevanti si segnalano un medaglione con il profilo di Francesco I de’ Medici e un bacile con figura di San Giovanni realizzati in “porcellana medicea”, una produzione elitaria e originale intrapresa nella manifattura di corte dagli stessi granduchi medicei con l’intento di imitare la porcellana cinese.
Lungo le pareti sono allestite in successione cronologica, e secondo le diverse aree d’origine, maioliche, ceramiche graffite e mattonelle prodotte in Italia dal XIII al XX secolo, a cui si associa una selezione di esemplari realizzati dai vasai moreschi attivi nella Spagna islamizzata. Sono rappresentati i più rinomati centri ceramici italiani (Savona, Milano, Venezia, Faenza, Cafaggiolo, Firenze, Montelupo, Siena, Deruta, Orvieto, Urbino, Roma, Castelli, Caltagirone) e anche quelli meno noti (Sansepolcro, Castelfiorentino, Pisa) fornendo una panoramica esaustiva delle produzioni fittili susseguitesi dal Medioevo al Novecento.
Oltre alle raffinate forme destinate ad essere esibite come preziosi capi “da parata” su credenze di dimore aristocratiche, sono esemplificate tutte le tipologie destinate ad un uso quotidiano sulla tavola (piatti, coppe, boccali, rinfrescatoi, mescirobe) e alle pratiche farmaceutiche (albarelli, versatoi, orcioli).
In concomitanza con l’apertura al pubblico della Sala delle Maioliche e della Sala Islamica viene aperta al pubblico la sala mostre al piano terra all’interno della quale è stata collocata una selezione delle 13 opere più rappresentative del Salone di Donatello, con un percorso a cura di Ilaria Ciseri, responsabile delle collezioni del Museo Nazionale del Bargello, concentrato sulla produzione dello scultore e di alcuni suoi contemporanei, che consentirà ai visitatori di fruire dei grandi capolavori della scultura rinascimentale durante il periodo di chiusura al pubblico del celebre Salone monumentale per lavori di restauro e riallestimento (dal 5 giugno alla fine di ottobre).
Al centro della sala mostre sono tre capolavori d’eccezione della scultura fiorentina: il celeberrimo David di Donatello, prima statua in bronzo raffigurante un nudo, a grandezza naturale e a tutto tondo, realizzata dopo l’antichità. Altro bronzo donatelliano di fama mondiale è l’Amore-Attis, divinità pagana dell’antica Frigia, che rimanda al tema classico dei putti e degli spiritelli, uno dei soggetti iconografici più amati dall’artista, esposto insieme al David bronzeo di Andrea del Verrocchio. Alle pareti prendono posto tre rilievi di Luca della Robbia, altro padre fondatore del Rinascimento e inventore della terracotta invetriata, le due formelle in bronzo dorato eseguite da Filippo Brunelleschi e Lorenzo Ghiberti nel 1401, come prove presentate al concorso per la seconda porta del Battistero, accanto ai due altorilievi in terracotta dipinta, realizzati da Dello Delli e da Michele da Firenze nel terzo decennio del Quattrocento. E infine ancora due opere di Donatello, il bassorilievo con la Crocifissione e la Madonna di via Pietrapiana, cui segue a chiudere il gruppo uno dei migliori allievi di Donatello, Desiderio da Settignano, con la sua Madonna Panciatichi.
Ludovica V. Zarrilli
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