MASOLINO IN UNGHERIA
di
Zsombor Jékely
da: Renaissance Studies in Honor of Joseph Connors (Villa I Tatti Series).
Ed. Israëls, Machtelt and Waldman, Louis A.,
Florence – Cambridge, MA, 2013, I. 111-118, 765-766.
2013
Traduzione di Andreina Mancini
dall’originale pubblicato su Academia
La redazione ringrazia il professor Zsombor Jékely per averci permesso di tradurre il suo importante contributo su Masolino e l’Ungheria e di pubblicarlo sul nostro sito. (paolo pianigiani)
Il pittore Tommaso di Cristofano di Fini, più noto come Masolino (1383 ca. – 1447 ca.), entrò a far parte della corporazione fiorentina dell’Arte dei Medici e Speziali il 18 gennaio 1423, all’età di circa quarant’anni.1
Dopo una lunga assenza da Firenze, era riapparso in città l’anno precedente, e si è ipotizzato che abbia lavorato fuori Firenze, forse in Ungheria.2
La prima commessa documentata di Masolino risale al 1423, quando dipinse una pala d’altare su richiesta della famiglia Carnesecchi per la chiesa di Santa Maria Maggiore a Firenze; forse questa fu anche la sua prima collaborazione con Masaccio (1401-1428).3
Lo stemma dei Carnesecchi e la data 1423 appaiono tuttora anche sulla tavola devozionale di Masolino che raffigura la Madonna dell’Umiltà, attualmente a Brema.4
Sappiamo che il committente di Masolino, Paolo di Berto Carnesecchi (morto nel 1427), faceva parte di una società commerciale gestita da Antonio Fronte nella capitale ungherese di Buda.5 È quindi possibile che in seguito si sia assicurato un’importante commessa in Ungheria per Masolino.
Un’ampia documentazione dimostra che subito dopo il 1° settembre 14256 Masolino partì per l’Ungheria, lasciando il completamento degli affreschi della Cappella Brancacci al suo più giovane collaboratore, Masaccio.
I documenti relativi a questo viaggio riguardano principalmente le modalità di pagamento. Un’annotazione nel libro dei registri della banca di stato fiorentina, il Monte, datata 26 agosto 1426, attesta che originariamente Masolino era stato incaricato di lavorare per tre anni in Ungheria per Filippo (“Pippo”) Scolari (1369-1426), un fiorentino alla corte ungherese del re Sigismondo, e che per i suoi servizi era stato depositato un pagamento di 799 fiorini.7
Due banchieri e mercanti fiorentini residenti in Ungheria avevano controllato il conto: Simone di Piero Melanesi e Tommaso di Lapo Corsi. Erano elencati i testimoni, tutti notabili fiorentini residenti in Ungheria, che potevano testimoniare il periodo di tempo durante il quale aveva lavorato per Scolari.8
L’attività di Masolino fu interrotta dalla morte di Filippo Scolari, avvenuta il 27 dicembre 1426, ma il pittore rimase in Ungheria almeno fino al 7 luglio 1427,9 e forse fino al maggio 1428.
L’effettiva procedura per il pagamento dei suoi servizi iniziò il 20 luglio 1427.10 Una lettera di Filippo di Simone Capponi attesta che Masolino lavorò per Pippo per un totale di sedici mesi.
Il 16 gennaio 1428 Simone di Piero Melanesi e Tommaso Corsi trasferirono a Masolino 360 fiorini in azioni (dobbiamo sottolineare che per questa transazione la sua presenza non sarebbe stata necessaria), di cui l’11 maggio 1428 Masolino vendette personalmente azioni per 60 fiorini e ricevette una somma in contanti di 26 fiorini d’oro.11
Una settimana dopo, completò i passi necessari per essere legalmente emancipato da suo padre, e presumibilmente partì per Roma. In seguito, il 10 marzo 1429, fece trasferire l’importo rimanente delle sue azioni del Monte a una certa Maddalena Strozzi.12
Nel Catasto fiorentino del 1427, Simone di Piero Melanesi elenca a parte un debito di 450 fiorini nei confronti di Masolino; questo rappresentava la sua parte della cifra totale dovuta a Masolino dalla commessa di Scolari.13
Dal momento che Filippo Scolari aveva nominato Simone Melanesi come uno degli esecutori testamentari sia del fratello Matteo che del cugino Andrea Scolari, non sorprende che Melanesi abbia avuto un ruolo anche in questo pagamento.14
Più interessante è la dichiarazione al Catasto di Filippo Melanesi, zio di Simone di Piero Melanesi, e di suo fratello Tommaso. Nella dichiarazione di Filippo sono menzionate le transazioni commerciali ungheresi dei fratelli: tra le altre somme di rilievo, essi dovevano 133 fiorini al “pittore fiorentino Masino, che sta in Ungheria “.15
Considerando i diversi importi, questo debito è probabilmente estraneo ai pagamenti derivanti dalla commessa di Filippo Scolari.
I fratelli Melanesi, che si erano stabiliti a Buda prima del 1416, svolsero un importante ruolo di mediazione tra Firenze e Sigismondo, re d’Ungheria (1387-1437).
Dopo la morte di Filippo Scolari, probabilmente Masolino ricevette da loro delle commesse. Chiaramente era molto richiesto dai membri illustri della comunità fiorentina in Ungheria.
Abbiamo solo indicazioni indirette sui luoghi in cui Masolino lavorò in Ungheria. Il patrocinio di Filippo Scolari può essere riscontrato non solo nelle sue prime biografie, ma anche tramite documenti che fanno riferimento alle sue committenze.
Dopo aver sposato Barbara di Ozora nel 1399, Filippo divenne signore di Ozora, e questa piccola città dell’Ungheria sud-occidentale divenne il centro dei suoi possedimenti e la sua residenza principale.16
Nel 1416, ricevette il permesso reale di costruirvi un castello “sia di pietra che di legno”.
Nel 1423, quando il re Sigismondo visitò Ozora, probabilmente il castello era già stato costruito.17 Manetto di Jacopo Ammanatini, noto come il Grasso Legnaiuolo, ebbe certamente un ruolo nella progettazione generale o nella decorazione interna del castello.18
L’edificio comprendeva al primo piano una cappella, dedicata a San Filippo Apostolo e a Santa Barbara, i santi patroni del signore del castello e di sua moglie.
Nel 1418, quando Filippo Scolari partecipò al Concilio di Costanza in compagnia del re Sigismondo, chiese al neoeletto papa, Martino V Colonna, le indulgenze per alcune chiese sotto il suo patronato.
La prima, la chiesa parrocchiale di Ozora, era dedicata a Santa Margherita e sorgeva accanto al castello. Con il permesso papale, Filippo dotò la parrocchia di beni e ricostruì la chiesa.19
Nella sua nuova richiesta di indulgenze del 1424, descrive anche come dotò la chiesa di libri, calici e paramenti.20
Nel 1418, Filippo chiese a Martino V anche il permesso di fondare un convento di francescani osservanti a Ozora.21
Il convento si trovava alla periferia della città, a una certa distanza dal castello.22
Il castello con la sua cappella ed entrambe le chiese della città devono essere state costruite prima del 1425, data dell’arrivo di Masolino. In teoria, il pittore avrebbe potuto lavorare in ognuna di esse.
Il 15 maggio 1426, quando l’ambasciatore fiorentino Rinaldo degli Albizzi visitò la città insieme al collega Nello di Giuliano, non riferì di alcuna attività in corso, né della presenza di Masolino.
Gli ambasciatori furono invitati da Scolari, e si recarono a vedere il castello e le “molte chiese” della città – “tutte appena costruite, con molti ricchi paramenti e molte altre decorazioni”.23
Purtroppo, oggi non resta quasi nulla di queste strutture. La chiesa francescana non sopravvisse all’occupazione turca, mentre la chiesa parrocchiale fu completamente ricostruita in stile barocco intorno al 1725.
Nella cappella del castello sono conservati alcuni resti di pitture murali, – tra cui spicca una figura frammentaria di San Ladislao – ma né lo stato lacunoso né le caratteristiche artistiche riconoscibili di queste ultime ci permettono di concludere che Masolino abbia lavorato qui.
Oltre a ottenere favori spirituali per Ozora, nel 1418 Filippo chiese l’indulgenza per i visitatori della cappella di San Ladislao nella basilica della città reale di Székesfehérvár, nell’Ungheria centrale (Alba Regalis).24
Sebbene avesse preso in considerazione anche la possibilità di essere sepolto a Ozora, la cappella della basilica, o chiesa collegiata, utilizzata per le incoronazioni e le sepolture reali (Fig. 1) si rivelò un luogo di sepoltura molto più prestigioso.
Un documento del 1425 che descrive la sua donazione al capitolo della collegiata afferma che Filippo fece restaurare una torre in rovina della chiesa e vi fece costruire una cappella, che aveva dedicato ai Santi Filippo Apostolo, Giacomo il Minore e Ladislao.
Per la cappella commissionò decorazioni adeguate, con l’intenzione di farne il luogo di riposo della sua famiglia.
Anche se morì nella lontana Lippa, Filippo Scolari fu effettivamente sepolto, sotto una lapide di marmo, nella basilica reale di Székesfehérvár.26
Nel 1426, un giorno prima del loro arrivo a Ozora, gli ambasciatori fiorentini visitarono anche la cappella degli Scolari a Székesfehérvár.
Ancora una volta, la descrizione di Albizzi è piuttosto generica: “vedemmo la sua cappella, che è stata costruita di recente per il suo sepolcro, molto decorata e ben fornita di ricchi paramenti, ecc.”27
Ormai anche qui, a quanto pare, i lavori erano terminati.
Se la cappella era stata costruita entro l’estate del 1425, le pitture avrebbero potuto essere facilmente completate entro il maggio dell’anno successivo, dato che la cappella, con i suoi otto metri per otto, era relativamente piccola.
Masolino giunse in Ungheria nel settembre del 1425, il che gli avrebbe dato il tempo necessario, anche se non avesse lavorato durante i mesi invernali, per portare a termine il lavoro.
I documenti superstiti supportano questa cronologia, anche se è molto sorprendente che Rinaldo degli Albizzi non menzioni le opere del suo compatriota fiorentino Masolino.28
Anche se molto probabilmente nel 1740 la cappella esisteva ancora, durante l’ultima campagna archeologica è stato possibile individuare solo i muri di fondazione della torre e della cappella di Pippo.29
Questa mancanza di documentazione diretta significa che probabilmente non sapremo mai esattamente cosa e dove Masolino dipinse in Ungheria.
L’ipotesi che Masolino possa quindi aver visitato un altro luogo in Ungheria non è mai stata avanzata, ma alcune testimonianze del periodo successivo al suo ritorno in Italia avvalorano questa possibilità.
Dopo il suo ritorno dall’Ungheria, Masolino si recò a Roma per lavorare per diversi committenti, tra cui il Cardinale Branda Castiglione,30 e il cardinale Giordano Orsini, per il cui palazzo dipinse l’ambizioso e dettagliato ciclo degli Uomini famosi, composto da oltre trecento figure.31
Terminato entro il 1432 e distrutto nel 1485, questo ciclo è noto solo grazie a una serie di descrizioni e copie manoscritte del XV secolo. Una copia parziale, realizzata da un artista dell’Italia centrale direttamente dall’affresco (Fig. 2), è conservata presso l’Istituto Nazionale per la Grafica di Roma, sui fogli del cosiddetto Codex Giusti (n. 2831).32
Una figura – identificata come Teseo – che compare su una delle pagine, ha un volto barbuto molto caratteristico (Fig. 3). I lunghi capelli dell’uomo coronato sono disposti in linee strettamente distanziate che si irradiano dalla testa, e la barba, altrettanto dettagliata, è divisa in due.
I particolari di questo volto corrispondono in modo sorprendente al reliquiario con la testa del re ungherese, San Ladislao, realizzato intorno al 1420 per la cattedrale di Várad e oggi nella cattedrale di Győr (Fig. 4). Mentre altre copie di questa figura non suggeriscono questa analogia, questo particolare disegno suggerisce fortemente che Masolino conoscesse quest’opera e che ne avesse addirittura fatto un proprio disegno, disegno utilizzato in seguito quando dipinse l’affresco a Roma.
Il reliquiario è una delle più celebri opere d’arte ungheresi dell’epoca, realizzato qualche tempo dopo la distruzione del santuario originale del santo, nel 1406, durante un incendio .33
Probabilmente commissionato dallo stesso re Sigismondo, la testa del reliquiario fu realizzata durante il mandato del vescovo Andrea Scolari (1409-1426), cugino di Filippo.
Dopo la morte di Andrea Scolari nel gennaio 1426, Giovanni di Piero Melanesi di Prato – fratello di Simone e Tommaso – ricoprì il ruolo di vescovo fino alla sua morte, avvenuta nella primavera del 1427.34
Visti i forti legami fiorentini con Várad in questo periodo, è logico che Masolino visitasse il grande centro di culto di San Ladislao, gli venisse mostrato il nuovo orgoglio della cattedrale, il magnifico reliquiario, e ne abbia fatto un disegno.
È anche possibile che il suo credito di 133 fiorini presso i fratelli Melanesi fosse collegato a una qualche commessa a Várad che era rimasta in sospeso alla morte del vescovo Giovanni Melanesi.
Questa indagine ci ricorda che in Ungheria, soprattutto a Buda e a Várad, esisteva una comunità molto attiva di banchieri e mercanti fiorentini.35
Tutti appartenevano alla cerchia di Filippo Scolari, che era un attivo sostenitore delle loro attività.
A differenza di Scolari, che viveva la vita di un barone ungherese, questi mercanti svolgevano un costante ruolo di mediazione tra Firenze e la corte ungherese.
Grazie a questi legami, essi dovevano essere ben informati sugli sviluppi artistici della città sull’Arno e impiegando artigiani e artisti fiorentini, – come Manetto di Jacopo o Masolino – contribuirono a diffondere l’arte e le idee rinascimentali a nord delle Alpi.
NOTE
- Tutte le date di questo articolo sono in stile moderno. Cfr. Perri Lee Roberts, Masolino da Panicale, Oxford 1993, p. 7, p. 168, doc. IV. (La raccolta di tutti i documenti rilevanti è stata pubblicata da Roberts, pertanto farò riferimento solo a questa pubblicazione. Riferimenti d’archivio e pubblicazioni precedenti sono indicati da Roberts). Per la prima parte della carriera di Masolino, si veda anche Werner Jacobsen, Die Maler von Florenz zu Beginn der Renaissance, Monaco 2001, pp. 252-261.
- Ugo Procacci, Masaccio, Firenze 1980, p. 14-15, accettato da Miklós Boskovits, “Il percorso di Masolino. Precisazioni sulla cronologia e sul catalogo”, Arte Cristiana, LXXV, 1987, pp. 47-66. Su Scolari si veda Gizella Nemeth Papo e Adriano Papo, Pippo Spano. Un eroe antiturco antesignano del Rinascimento, Mariano del Friuli 2006 (con bibliografia precedente). Sulla famiglia Scolari e altri fiorentini in Ungheria, si veda anche Katalin Prajda, “The Florentine Scolari Family at the Court of Sigismund of Luxemburg in Buda”, Journal of Early Modern History, XIV, 2010, pp. 513-533.
- Roberto Bellucci e Cecilia Frosinini, “The Carnesecchi Altarpiece”, in The Panel Paintings of Masolino and Masaccio:The role of Technique, a cura di Carl Brandon Strehlke e Cecilia Frosinini, Milano 2002, pp. 81–87, anche 149–155; Roberto Bellucci e Cecilia Frosinini, “La cappella Carnesecchi in Santa Maria Maggiore a Firenze. Un problema di collaborazione tra Paolo Uccello, Masolino e Masaccio”, in Masolino, Storia di San Giuliano. Un restauro tra Italia e Francia, a cura di Marco Ciatti, Cecilia Frosinini, e Roberto Bellucci, Firenze 2008, pp. 21–33.
- Roberts (ved. n. 1), p. 18, p. 175, cat. I.
- Zsuzsa Teke, “Firenzei kereskedő ̋társaságok, kereskedő̋k Magyarországon Zsigmond uralmának megszilárdulása után 1404–1437”, Századok, CXXIX, 1995, pp. 195–214; e, in una pubblicazione più sintetica, eadem, “Operatori economici fiorentini in Ungheria nel tardo Trecento e primo Quattrocento”, Archivio Storico Italiano, CLIII, 1995, pp. 697–707.
- Il 1° settembre 1425 a Firenze, alla presenza del padre, Masolino conferì procura al banchiere Antonio Piero Benizzi: Roberts (cfr. n. 1), p. 169, doc. IX. In documenti successivi, questa data viene indicata come l’inizio dei suoi servizi per Filippo Scolari, ved. sotto.
- Anthony Molho, “The Brancacci Chapel: Studies in its Iconography and History”, Journal of the Warburg and Courtauld Institutes, XL, 1977, pp. 93–94; Roberts (cfr. n. 1), p. 170, doc. X.
- Su queste persone si veda Gisela Beinhoff, Die Italiener am Hof Kaiser Sigismund, 1410-1437, Francoforte 1995, pp. 180-181 (Onofrio Bardi), pp. 174-175 (Giovanni di Piero Melanesi o Melanensibus), pp. 178-180 (Manetto di Jacopo, detto Grasso).
- Questo si legge nella dichiarazione al Catasto del padre di Masolino, Cristofano di Fino: Roberts (cfr. n. 1), p. 171, doc. XII-XIII.
- Molho (cfr. n. 7), pp. 94-95; Roberts (cfr. n. 1), pp. 172-173, doc. XVI. Il complicato processo di pagamento è ben sintetizzato da Paul Joannides, Masaccio and Masolino: A Complete Catalogue, Londra 1993, pp. 29-35.
- Roberts (cfr. nota 1), p. 173, doc. XVIII.
- Roberts (cfr. nota 1), p. 174, doc. XX.
- Roberts (cfr. nota 1), p. 172, doc. XIV.
- Teke, “Firenzei…” (cfr. nota 5), p. 198.
- Il relativo documento di portata (Archivio di Stato di Firenze [di seguito ASF], Catasto, filza 46, fol. 655r) afferma che: “messer Masino dipintore da Firenze dimora in Ungheria circa…”. La pagina è strappata e l’importo è visibile solo sul documento del corrispondente documento di campione (ASF,Campioni, reg. 77, fol. 249r): “messer Masino dipintore in Ungheria fl cento trentatre – fl 133”. Per questa informazione ringrazio Krisztina Arany, che per prima ha pubblicato questi documenti: Krisztina Arany, “Success and Failure: Two Florentine Merchant Families in Buda during the reign of King Sigismund (1387–1437)”, Annual of Medieval Studies at CEU, 12. a cura di Katalin Szende e Judith A. Rasson, Budapest 2006, pp. 101–123.
- Pál Engel, “Ozorai Pipo”, Ozorai Pipo emlékezete, a cura di Ferenc Vadas, Szekszárd 1987, p. 53–88 (ristampato in Pál Engel, Honor, Vár, Ispánság – Válogatott tanulmányok, a cura di Enikő Csukovits, Budapest 2003).
- István Feld, “Filippo Scolari’s castle at Ozora”, in Seminaria Niedzicke (Niedzica Seminars) VII. Gothic Architectures in Poland, Bohemia, Slovakia, and Hungary. Ottobre 11–13, 1991, Cracovia 1992, pp. 59–64.
- Manetto di Jacopo visse in Ungheria dal 1409 fino alla morte, avvenuta nel 1450, e nel 1426 Rinaldo Albizzi lo incontrò a Ozora. Si veda anche sopra, n. 8. La sua storia è raccontata in La novella del Grasso Legnaiuolo, a cura di Antonio Lanza, Firenze 1989; Lauro Martines, An Italian Renaissance Sextet: Six Tales in Historical Context, trad. Murtha Baca, New York 1994, pp. 171–212.
- Zsigmondkori Oklevéltár VI (1417–1418), a cura di Elemér Mályusz e Iván Borsa, Budapest 1999, no. 1859; Pál Lukcsics, Olaszországi magyar oklevéltár. XV. századi pápák oklevelei vol. I: V. Márton pápa (1417–1431), Budapest 1931, no. 79.
- Lukcsics (cfr.nota 19), no. 754.
- Zsigmondkori Oklevéltár VI (cfr. nota 19), no. 1960; Lukcsics (cfr. nota 19), no. 95.
- Emese Nagy, “Az ozorai ferences kolostor”, Folia Archaeologica, XX, 1969, pp. 135–151.
- “venimo a Osora, luogo principale dello Spano, messer Filippo Scolari Conte di Temiscivara…e fececi mostrare il castello bellissimo, e più chiese fatte di nuovo, con molti ricchi paramenti e molte altre magnificenzie, ad honorem Dei”: Commissioni di Rinaldo degli Albizzi per il Comune di Firenze dal MCCCCXCIX al MCCCCXXXIII, II (1424–1426), Firenze 1869, pp. 589–590. Sulla visita degli ambasciatori, ved.anche Péter E. Kovács, “Egy firenzei követjárás Magyarországon”, Századok, CXLIV, 2010, pp. 1455–1536 (1480–1482 per una discussione sul soggiorno ungherese di Masolino).
- Lukcsics (cfr. nota 19), no. 78; Zsigmondkori Oklevéltár VI (cfr nota 19), no. 1858.
- L’8 settembre 1426, insieme alla moglie, donò alla chiesa altri beni per sostenere la cappella che avevano fondato. Entrambi i documenti sono conservati in una trascrizione fatta dal capitolo di Fehérvár nel novembre dello stesso anno. Hungarian National Archives, DL 87996, pubblicato da Wenzel Gusztáv, “Okmánytár Ozorai Pipo történetéhez”, Történelmi Tár, 1884, pp. 430–437.
- Domenico Mellini, Vita di Filippo Scolari volgarmente chiamato Pippo Spano, Fiorenza 1570, p. 64.
- “venimo ad Albareale…e vedemo la cappella sua, fatta di nuovo, per sua sepoltura, adorna molto, e bene dotata e di ricci paramenti etc.”: Commissioni di Rinaldo degli Albizzi (cfr. nota 23), pp. 589–590.
- Per i tempi di realizzazione dei cicli di affreschi si veda Jacobsen (cfr. nota 1), p. 175. Per gli ambasciatori, si veda Kovács (cfr. nota 23), p. 1482.
- A Szu ̋z Mária-prépostság és temploma – The Provostry and Church of the Virgin Mary, a cura di Vajk Cserményi, Erika Lakat e Erzsébet Szívósné Csorba, Székesfehérvár 2004, pp. 22–24.
- Lajos Vayer, Masolino és Róma, Budapest 1962.
- Annelies Amberger, Giordano Orsinis Uomini Famosi in Rom: Helden der Weltgeschichte im Frühhumanismus. Berlino 2003 (con letteratura precedente).
- Il ’400 a Roma. La Rinascita delle arti da Donatello a Perugino, a cura di Maria Grazia Bernardini e Marco Bussagli, 2 voll., cat. della mostra (Roma, Museo del Corso), Milano 2008, II, cat. 112.
- Sigismundus Rex et Imperator. Kunst und Kultur zur Zeit Sigismunds von Luxemburg, 1387–1437, a cura di Imre Takács, cat. della mostra (Budapest, Museo delle Belle Arti – Lussemburgo, Museo Nazionale d’Arte), Mainz 2006, cat. IV.91, pp. 378–382.
- Pál Engel, Magyarország világi archontológiája, Budapest 1996, p. 77.
- Su questi collegamenti, si veda Teke, “Firenzei…” (cfr. nota 5); Péter E. Kovács, “Florence and Hungary in the Fifteenth Century”, in The Splendour of the Medici – Art and Life in Renaissance Florence, a cura di Monica Bietti e Annamaria Giusti, cat.della mostra, Budapest, Museum of Fine Arts 2008, pp. 37–45; Prajda (cfr. nota 1).
ILLUSTRAZIONI
- Pianta degli scavi sotto la chiesa collegiata di Székesfehérvár. Piroska Biczó – Museo Szent István Király, Székesfehérvár.
- Artista dell’Italia centrale (Toscana?), foglio da una copia del ciclo di Masolino Uomini famosi, terzo quarto del XV secolo. Istituto Nazionale per la Grafica, Roma, inv. n. 2831.
- Testa di Teseo, particolare della Fig. 2. Orefice ungherese, reliquiario con la testa di San Ladislao dalla cattedrale di Várad, ca.1420. Tesoro della cattedrale, Győr.