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Empoli com’era

Editori dell’Acero

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Introduzione

di Elisa Boldrini

 

Il volume propone al lettore un itinerario della città di Empoli attraverso una selezione di immagini che datano dagli ultimi anni dell’Ottocento fino alla seconda guerra mondiale, con qualche incursione nell’ultimo dopoguerra. Si tratta di un percorso che si articola attraverso una tipologia particolare di immagini, quella della cartolina illustrata, che tra Otto e Novecento ebbe una grandissima diffusione divenendo quello che molti hanno definito “il primo vero mezzo di comunicazione massificato”.

Invenzione relativamente giovane, la cartolina sembra sia stata introdotta in Italia per la prima volta nel 1874 come semplice cartoncino postale stampato su un solo verso, con il lato opposto bianco per il messaggio. Qualche anno dopo fu introdotta l’illustrazione che venne ad occupare il lato finora rimasto bianco della cartolina, mentre le righe per l’indirizzo e il posto per affrancatura dovevano trovarsi sulla parte opposta, quella che viene genericamente indicata come il ‘verso’ della cartolina, rispetto al ‘recto’ dove è presente l’immagine.

Non era previsto lo spazio per il messaggio che, quindi, veniva inserito negli spazi bianchi dell’illustrazione e in quelli presenti in calce o a lato dell’immagine. La cartolina rimase così strutturata fino al 1905 quando il regolamento postale italiano stabilì che il verso doveva essere diviso in due parti, i messaggi sulla sinistra e l’indirizzo con il francobollo sulla destra. Questa è la struttura con cui si presentano ancora oggi le cartoline illustrate.

La diffusione della cartolina illustrata è strettamente legata all’evoluzione della tecniche di stampa delle immagini. L’automatizzazione dei processi tipografici di riproduzione e stampa degli originali, co­stituiti da rappresentazioni di vario tipo, grafico-pittoriche o fotografiche, determinò l’aumento del nu­mero di copie che si potevano trarre da una stessa lastra tipografica e un conseguente abbassamento dei prezzi, rendendo la cartolina alla portata di tutti. Questo contribuì in maniera decisiva alla diffusione della fotografia a livello popolare.

La maggior parte delle cartoline riprodotte nel volume sono state ese­guite in fototipia, uno dei metodi di stampa più utilizzati nell’editoria di immagini in quanto permetteva di ottenere stampati con una definizione molto vicina a quella della fotografia. Sul mercato circolavano anche cartoline stampate con il metodo fotografico, spesso riconoscibili dalla dicitura vera fotografia pre­sente sul lato indirizzo. La produzione di cartoline fotografiche è continuata fino agli anni ’60, quando sono entrate in funzione le moderne macchine offset.

Fin dalle origini, quindi, la cartolina postale riscosse un immediato successo soprattutto a livello po­polare, poiché offriva la possibilità di inviare messaggi o soltanto brevi saluti a prezzi contenuti. La sua diffusione conobbe un ulteriore incremento con l’introduzione dell’illustrazione, tanto da influenzare le abitudini epistolari: le immagini non accompagnavano semplicemente il testo, esse erano, infatti, ricer­cate e apprezzate da un vasto pubblico che spesso le collezionava.

Assai numerosi erano i temi proposti dalle illustrazioni che spaziavano dal documento d’attualità con la stampa di cartoline-ricordo di cerimo­nie ufficiali, inaugurazioni, incoronazioni, eventi calamitosi, alla scena di genere, al soggetto militare, alle vedute di località turistiche e riproduzioni di monumenti e opere delle città d’arte, al tema dell’amore rappresentato, ad esempio, dalle popolari coppie di appassionati fidanzatini, alle immagini erotiche, a quelle che ritraevano bambini, animali o che erano realizzate per promozione pubblicitaria.

Molto dif­fusa era l’usanza di scambiarsi, o semplicemente conservare, ritratti fotografici realizzati in studio e stampati su cartoncini formato cartolina, commercializzati direttamente dalle ditte produttrici con il ver­so prestampato con gli spazi per l’indirizzo e il messaggio, pronti, dunque, per la spedizione postale.

Come genere di larghissimo consumo, indirizzato sia alle classi popolari che a quelle più altolocate, la cartolina doveva favorire la comunicazione attraverso l’immediata leggibilità del tema illustrato. In molti casi questo ha comportato una rappresentazione stereotipata dei soggetti relativi ad uno stesso tema cui era legata la diffusione di luoghi comuni spesso connessi a fenomeni di costume. Per questo motivo alla cartolina è stato finora negato ogni valore estetico e men che meno storico-culturale.

Le re­centi mostre di alcuni interessanti fondi storici di cartoline, come il Ferro Candilera depositato presso il Museo/Archivio di Fotografia Storica di Roma, hanno fornito l’occasione alla critica di riconoscere alla cartolina illustrata il valore di documento storico, cioè di documento utile “per stabilire confronti tra pre­sente e passato, tra possibili modi di rappresentare fotograficamente un soggetto, di comunicare e consuma­re socialmente una rappresentazione”.

Il tema illustrato nella cartolina postale che ha riscontrato maggior successo è stato senza dubbio quello paesaggistico e della veduta urbana. Il tema è stato preso a prestito dalla fotografia che fin dalle origini ha privilegiato la rappresentazione delle bellezze naturali della penisola, dei monumenti e delle opere delle principali città d’arte, rispondendo alle richieste del fiorente mercato turistico.

Allo stesso pubblico di viaggiatori e turisti si rivolge l’industria della cartolina proponendo immagini più economi­che rispetto alle riproduzioni degli studi fotografici più affermati specializzati nelle riprese urbane.

Fre­quentemente erano presentate sotto forma di cartolina le foto prodotte da questi famosi atelier – per Fi­renze ricordiamo gli Alinari, Brogi – che spesso costituivano il modello di raffigurazioni successive di uno stesso soggetto. L’illustrazione ferma il “ricordo di”, diviene occasione di un “saluto da” una qualunque località, rappresentata negli aspetti ritenuti più caratteristici.

L’attenzione del fotografo si sofferma, dun­que, sui luoghi – simbolo di una città, quelli che nell’immaginario popolare permettono di identificarla chiaramente: l’edificio di valore storico-artistico, l’opera d’arte universalmente riconosciuta, il monu­mento, la piazza e così via. Basti pensare, a titolo d’esempio, alla cupola del Brunelleschi o al David di Michelangelo, che la cartolina ha assunto a ruolo di figure – simbolo di Firenze, stereotipi che diffondono nel mondo l’immagine del capoluogo toscano.

Tra Otto e Novecento il fenomeno cartolina è tale da far oggetto delle proprie illustrazioni anche località lontane dal circuito turistico. Ogni città, ogni più piccolo borgo può vantare diverse serie di immagini che lo rappresentano, attestandone di fatto l’importanza.

Ogni minimo aspetto della realtà locale e urbana viene colto dall’obiettivo del fotografo che mette a di­sposizione – come ha giustamente evidenziato Angelo Schwarz – “una sorta di ‘rilevamento storico del territorio’ del nostro paese” che “nessuna campagna fotografica ci ha mai offerto”.

Il caso di Empoli è in questo senso esemplare. Le immagini presentate nel volume non sono che una minima parte dell’ampia produzione di cartoline illustrate che hanno visto protagonista la città di Empoli a partire dall’ultimo decennio del secolo scorso. Nonostante Empoli non vanti gli scorci e le bel­lezze storico-artistiche della vicina Firenze, essa offre in ogni caso interessanti emergenze architettoni­che, urbane e paesaggistiche immediatamente valorizzate dalle illustrazioni delle cartoline.

Queste ultime costruiscono un percorso ideale della città attraverso i luoghi più rappresentativi, innanzitutto le piazze: piazza Farinata, con la Collegiata, la fontana dei Leoni e i caratteristici porticati dei palazzi che la delimitano; piazza Vittorio Emanuele, poi piazza della Vittoria, di cui è possibile seguire nelle varie im­magini presentate le trasformazioni subite nel corso degli anni; Piazza Guido Guerra e piazza Umberto I, poi Matteotti, che testimoniano, insieme al moderno quartiere residenziale sorto contemporanea­mente alla loro formazione, lo sviluppo della città borghese ottocentesca.

Numerose immagini sono re­lative al ponte sull’Arno, moderna infrastruttura al servizio dei cittadini ma soprattutto dell’economia empolese, con il vicino lungarno, presentato come luogo ideale per amene passeggiate. Spesso è inqua­drato il vicino scalo fluviale, retaggio dell’antico ruolo primario svolto dalla città nel traffico commerciale lungo fiume.

I vari scorci delle vie del tradizionale ‘giro d’Empoli’ danno un’idea dell’aspetto del vecchio centro storico e della vivacità che lo caratterizzava, come ancora oggi del resto, per la presenza di nu­merosi esercizi commerciali e botteghe artigiane che vi si affacciavano.

Gli edifici religiosi sono rappresentati frequentemente con immagini che spesso includono anche il contesto urbano. Notiamo che la chiesa di Santo Stefano, data la difficoltà di fotografarne la facciata, ve­niva spesso identificata con l’unico elemento architettonico emergente, il suo campanile.

Non mancano di essere ripresi gli edifici pubblici, cui le cartoline odierne dedicherebbero scarsa attenzione a meno di un rilevante valore architettonico: tra questi la caserma dei Regi Carabinieri, il vecchio stadio comunale, la casa di cura di un noto specialista e il ‘Bar Italia’, per decenni uno dei punti di ritrovo più frequentati della città.

E ancora la stazione ferroviaria, con la piazza antistante e le vie limitrofe: la folla in attesa al­l’arrivo del treno e il via vai dei vetturali di fronte all’ingresso dei binari testimoniano l’importanza della fermata di Empoli nella rete ferroviaria regionale.

Analoga attenzione viene prestata agli abitati del circondario: Pontorme, Ponte a Elsa, Santa Maria, Spicchio.

I fotografi locali empolesi, cui i vari editori affidavano la realizzazione delle immagini che dovevano illustrare le cartoline, hanno modo di confrontarsi per la prima volta con il problema della rappresentazione della città. E unico punto di riferimento rimane ancora la produzione vedutistica degli studi fotografici di fama, a sua volta influenzata dalla tradizione pittorica e incisoria.

Non a caso la cartolina con la veduta panoramica di Empoli dal lungarno di Sovigliana è in qualche modo debitrice di una delle im­magini più note dell’iconografia empolese, la veduta incisa da Antonio Terreni all’inizio dell’Ottocento.

Uno sguardo complessivo alle immagini del volume permette al lettore di cogliere la ricchezza di soluzioni rappresentative adottate dai vari fotografi, la varietà delle inquadrature ancora non appiattite, come invece avverrà a partire soprattutto dal secondo dopoguerra, sulla riproposta degli stessi punti di vista per i medesimi oggetti.

Anche nella ripresa dei soggetti che tradizionalmente identificano la città come piazza Farinata degli Uberti, piazza Vittorio Emanuele, lo scorcio panoramico, la stazione ferroviaria e così via, l’obiettivo del fotografo va al di là della semplice riproduzione del luogo e si ferma a ritrar­re momenti della vita quotidiana.

Ecco che la fontana dei Leoni diventa punto di ritrovo di donne e bambini e l’inusuale inquadratura attraverso i portici rende l’osservatore parte della scena, permettendo anche al destinatario di immedesimarsi con il viaggiatore. In questo senso risultano ancora particolar­mente significative le parole di Angelo Schwarz che sottolinea come “nel privilegiare questo e quel sog­getto le cartoline postali restituiscono, quindi, più che la sapienza di un autore il vissuto, anche culturale, di un territorio, da parte di un numero di persone, sempre e comunque, significativo”. Un ultimo accenno agli autori delle fotografie.

Sul lato indirizzo dei cartoncini postali era spesso presente con la qualifica di editore il nome della cartoleria o della tabaccheria che rivendeva le cartoline illustrate. In realtà queste rivendite erano dei semplici committenti che affidavano la produzione di una nuova serie di immagini ad uno stampatore, una tipografia o uno studio fotografico. L’intestazione della ditta compariva in molti casi sul lato vista della cartolina accompagnata da un numero che permetteva di identificare il negativo originale per una eventuale ristampa dell’illustrazione.

Di solito l’editore ricorreva a ditte locali, ma non è raro il caso della commissione del lavoro a tipografie specializzate nella produzione di cartoline che avevano sede fuori regione, come ad esempio la ‘Garzini e Pezzini’ di Milano che ha stampato alcune delle cartoline del vo­lume.

Questi grandi stabilimenti tipografici, che lavoravano per committenti di varie città, si occupava­no di norma soltanto della stampa delle cartoline: in questi casi la realizzazione delle immagini fotogra­fiche veniva affidata ad un fotografo locale, che spesso rimaneva anonimo.

Nel caso fossero state suffi­cienti tirature più limitate, il lavoro di stampa era svolto da tipografi locali – per Empoli ricordiamo, ad esempio, la tipografia Lambruschini – oppure da studi fotografici, che di solito realizzavano anche le foto utilizzate per le illustrazioni. Tra questi lo studio  ‘F.lli Cioni e P. Cantini – Empoli’, autore di numerose car­toline del volume.

Lo stato attuale delle ricerche intorno all’attività degli studi fotografici empolesi non permette di raccogliere che sporadiche notizie tratte da pubblicazioni locali. La ditta Cioni – Cantini na­sce in data imprecisata come stabilimento di lastre e carte fotografiche ed è documentata nel 1914 come “Ditta Fill. Cioni e P. Cantini succ. ri F.lli Cioni – Empoli” con sede in via Mazzini, “presso il ponte sull’Arno”: la ditta realizzava “fotografie d’ogni genere” e rivendeva articoli fotografici.

Nello stesso anno, la ditta pubblicizzava i propri servizi con la sola denominazione “F.lli Cioni – Empoli”. Cotitolare della ditta era il fotografo Parisio Cantini, che dal 1909 aveva aperto anche un proprio ‘Studio Artistico Fotografico’ in via Curtatone, rilevando la succursale empolese del fotografo fiorentino Benvenuti. Il Cantini, come la ditta dei fratelli Cioni, realizzava non soltanto foto ma commercializzava anche materiale fotografico ad uso dei dilettanti ed era rinomato per la produzione della “carta per stampare”.

La maggior parte delle cartoline presenti nel volume della ditta Cioni – Cantini sono databili ai primissi­mi anni del Novecento, sicuramente anteriori all’apertura dello studio di via Curtatone e Montanara. Pri­ma di mettersi in proprio, il Cantini inizia, dunque, l’attività di fotografo in collaborazione con i Cioni e probabilmente si devono a lui le foto che la ditta ha utilizzato nella produzione di cartoline.

Al termine di questo breve inquadramento storico – tecnico della cartolina sorge spontanea la ne­cessità di procedere alla raccolta e all’analisi dell’intera produzione di cartoline illustrate relative ad Empoli, che fornirebbero interessantissimi documenti utili non solo alla lettura delle trasformazioni su­bite nel corso del tempo dal tessuto urbano, alla comprensione del contributo della cartolina illustrata alla percezione dell’ambiente circostante, alla formazione del gusto visivo del pubblico, ma anche all’ap­profondimento della conoscenza dell’attività degli studi fotografici operanti in città e delle relazioni con il contemporaneo panorama della fotografia italiana. Ma questo è, appunto, un capitolo ancora da scri­vere.

 

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