Appendice
da:
Un Drame ignorè di Michel-Ange
di Camille Mallarmé
Ed. Firmin Didot, Parigi, 1930
Il modello della Deposizione appartenente ad Armand Point.
(traduzione di Paolo Pianigiani e Andreina Mancini)
Durante un soggiorno in Italia nel 1900, il noto artista Armand Point scoprì e acquistò da un modesto antiquario fiorentino un piccolo gruppo la cui bellezza prima, poi la somiglianza con la Deposizione della Croce michelangiolesca di Santa Maria del Fiore, lo avevano colpito.
Senza troppi indugi, il rigattiere disse semplicemente che il piccolo lavoro era stato presso di lui per molto tempo, da quando lo aveva comprato, circa trenta anni prima, da un contadino in montagna.
Armand Point, pieno di entusiasmo, portò la sua piccola scultura a Parigi, con la certezza di aver appena scoperto un modello originale della Deposizione. Lo mostrò poco dopo a Rodin, che lo trovò magnifico, e lo attribuì anche lui a Michelangelo, e consigliò di fare un confronto con il calco della Pietà all’École des Beaux-Arts di Parigi, per ottenere una prova inconfutabile della sua autenticità.
I risultati di questo lavoro, realizzato da professionisti esperti, sono stati decisivi, come vedremo.
Allo stesso modo, tutte le informazioni relative alla storia del marmo, che Armand Point mi ha chiesto l’anno scorso di trovare a Firenze, e che mi hanno portato a ricerche archivistiche piuttosto impreviste, come evidenziato da questo piccolo libro, hanno confermato l’ipotesi della originalità del modello.
Si tratta quindi di uno stampo in gesso cavo all’interno, che misura 42 centimetri di altezza, 23 di larghezza e 18 di profondità.
Coperto da una pittura all’uovo, fissata a encausto, come tutti gli stucchi del Rinascimento, contiene ancora cinque chiodi di rame le cui teste concave sembrano esser servite da supporto per i compassi; altri tre fori dovevano contenere chiodi simili.
L’intero modello rivela le tracce di un utilizzo per lo sviluppo fatto secondo le sue misure.
E, in effetti, il controllo delle misure eseguite secondo i consigli di Rodin, porta alle seguenti conclusioni: prendendo come base la distanza dalla fronte di Nicodemo alla punta del piede destro di Cristo (punti 1 e 2) otteniamo il rapporto:
modello 385 mm.
marmo 2073 mm.
Avendo notato le diverse dimensioni del modello, geometricamente è stato determinato cosa avrebbero dovuto essere sul marmo in base al rapporto di base; e il risultato è stato confrontato con le reali dimensioni del calco delle Belle Arti.
Questo metodo, applicato prima al busto di Cristo, che è l’unica parte completata del marmo, ha dato un’assoluta concordanza tra il marmo e il modello.
Altezza del busto: punti 3 e 4: nessuna differenza.
Altezza del torace: punti 3 e 7: nessuna differenza.
Distanza dagli stermini alla spalla sinistra: punti 3 e 8: nessuna differenza.
Distanza dallo sterno alla spalla sinistra: 3 punti e nessuna differenza.
Al contrario, le misure della gamba destra di Cristo – l’unica rimasta nel marmo – sembravano inferiori alle proporzioni del modello. Secondo il canone del tempo e la pratica costante di Michelangelo, la lunghezza della gamba, dalla rotula al calcagno, dovrebbe essere uguale alla lunghezza del collo del calcagno al trocantere. Nel marmo, la gamba è sostanzialmente più corta della coscia.
Lunghezza della coscia: punti 4 e 10; mancano 14,5 mm. Rispetto al marmo.
Lunghezza delle gambe: punti 10 e 11: rotula-tallone: mancano 30 mm. Rispetto al marmo.
Lunghezza delle gambe: punti 12 e 11: mancano 24 mm. Rispetto al marmo.
Per quanto riguarda quest’ultima misura, sarebbe ancora più carente, rispetto al modello, se il calcagno fosse completamente cancellato dal marmo.
Mancano anche gli spessori:
Spessore coscia: punti 37 e 38: identici al modello.
Spessore della coscia: 39 e 40 punti: mancano circa 10 mm. rispetto al marmo.
Spessore del ginocchio: punti 41 e 42: mancano 20 mm. rispetto al marmo.
Spessore del polpaccio: punti 35 e 36: mancano 16 mm. rispetto al marmo.
Spessore del polpaccio: punti 43 e 44: mancano 16 mm. Rispetto al marmo.
Pertanto, la gamba destra appare corta e inclinata in proporzione al modello. Non c’è più correlazione allo sviluppo del busto nel gruppo originale.
Sono risultati tecnici che confermano rigorosamente la storia sulla base di prove prese dal vero. Questo è stato il dramma silenzioso che lo scultore ha attraversato prima di scontrarsi con questa disavventura: il fallimento nella coscia sinistra.
Abbiamo inoltre un’ulteriore prova del fatto che Michelangelo ha assottigliato le gambe dopo aver fissato l’atteggiamento dei personaggi. Nel modello colorato (come nella piccola cera e nel dipinto di Lorenzino da Bologna), la mano destra di Maria Maddalena sostiene direttamente il corpo di Cristo. Nel marmo, invece, essendo stato perso il contatto a causa di ritocchi, per colmare il divario tra la mano e la coscia, era necessario creare una sorta di drappeggio.
Torniamo al confronto diretto. La distanza tra il naso di Cristo e quello di Nicodemo (punti 16 e 27, molto caratteristici), è esattamente la stessa nel marmo e nel modello. Ma quando ci avviciniamo alle parti non finite del gruppo, troviamo ovunque una eccedenza di marmo, eccedenza naturale, indispensabile, per il completamento di una scultura.
Tutte queste conclusioni, matematiche, concordano per dimostrare che il piccolo gruppo servì come modello per il più grande e questa probabilità, che sarebbe facile supportare con giudizi artistici e argomenti secondari, sarebbe sufficiente per dare al modello di gesso un interesse affascinante, se la qualità del suo modellato, la bellezza delle sue espressioni, gli conferivano già il valore di un piccolo capolavoro, degno dell’ammirazione di Rodin.
Nota a margine
di Paolo Pianigiani
Nel 1930, l’anno dopo l’uscita della edizione italiana del suo libro dedicato alla Pietà Bandini, Camille pubblica anche in Francia, in lingua originale, il suo testo. Che si differenzia per la presenza di una Appendice, dove la scrittrice spiega il suo interesse per la scultura di Michelangelo.
Nel 1926, qualche anno prima, Camille aveva pubblicato sull’importante rivista “Emporium” un saggio dedicato al pittore Francese, nato in Algeria come lei, Armand Point. In quella occasione sicuramente Point avrà mostrato all’amica il modellino in suo possesso, acquistato da un rigattiere a Firenze. E le avrà chiesto di fare ricerche a Firenze, dove l’originale era collocato ancora dal 1722, dietro l’altar maggiore del Duomo, in posizione sicuramente non adeguata all’importanza di una delle ultime opere di Michelangelo.
Gli storici dell’arte allora poco o nulla sapevano sui particolari e sulle vicende che portarono la Pietà, via mare e via fiume, fino a Firenze. Fu Camille a scoprire, con l’aiuto di Giovanni Poggi i dettagli di quella vicenda.
Alcuna deduzioni sono da verificare, come per esempio la parentela fra gli ultimi proprietari del monumento, i Capponi, e il mandante di Cosimo III, che curò l’acquisto per 300 scudi, Paolo Falconieri.
E’ sicuramente errata l’attribuzione del modellino a Michelangelo, nonostante il parere entusiasta di Rodin. E mi viene da pensare che nell’edizione italiana non se ne parli assolutamente, per la presenza di Paolo Orano accanto a Camille; a lui non poteva esser sfuggita la assoluta infondatezza a proposito dell’accostamento a Michelangelo del modellino di gesso dipinto, arrivato chissà come in quel negozio di rigattiere fiorentino.
La Mallarmè, nella edizione francese, ebbe modo di inserire, anche se in Appendice, il motivo del suo interesse per la Pietà fiorentina. E a noi è sembrato interessante far conoscere anche al pubblico italiano questo aspetto, assolutamente sconosciuto a tutti.