LA «QUERELLE» SULLA MADONNA DELLA PALMA DI URBINO
Quel fantomatico Raffaello
Da: La Stampa, mercoledì 21 Gennaio 1981
Lettere dello storico d’arte Cesare Brandi e di Giovanni Urbani, direttore dell’Istituto centrale del restauro – Il prof. Zeri risponde.
Egregio direttore,
per la seconda volta, nel suo pregiato giornale, Federico Zeri torna ad occuparsi di me. Al primo attacco non risposi perché delle sue valutazioni nei miei riguardi non mi curo, ma ora, che tira fuori lo specioso argomento della Madonna della Palma, attribuita da me a Raffaello e a un aiuto forse Perin del Vaga, ritengo di dover fare delle precisazioni per informazione dei suoi lettori.
Poiché vi avevo accennato nell’intervista, che, non certo su mia richiesta, venne a farmi Fabrizio Dentice per l’Espresso, lo Zeri ha creduto di potere contrapporre la mia scarna dichiarazione alla lettera che il prof. Argan, come Presidente della seconda sezione del Consiglio superiore, ebbe a scrivere dopo la polemica-atto di accusa scatenata sul Bolaffi-Arte, a cui vari studiosi intervennero per la fausta occasione di dare addosso a me e ad Argan, non però certi valentuomini come Giovanni Previtali e Giuliano Briganti, che, pur essendo amici dello Zeri, si rifiutarono di accodarsi.
La proposta di acquisto, non già come di un Raffaello, fu passata al Consiglio Superiore soprattutto sulla base, non opinabile, che del quadro, attribuendolo a Cesare da Sesto, aveva parlato il grande Cavalcaselle. La garanzia di questo nome era tale che, prima di tutto, fu deciso di vedere il quadro, ed io e il prof. Gnudi fummo incaricati — e lo facemmo separatamente per maggiore oggettività di giudizio — di andare a Milano presso la Soprintendenza di Brera, dove il dipinto si trovava. Ognuno di noi fece la sua relazione, e in base a queste la seconda Sezione decise per l’acquisto.
Passato il dipinto all’Istituto centrale del restauro, questo compì tutte le indagini necessarie, radiografiche, stratigrafiche, ai raggi ultravioletti, dalle quali non sorse il minimo dubbio sulla sua autenticità, e solo fu osservato che forse il dipinto aveva subito un trasporto su altro supporto, che è, semmai, una garanzia aggiuntiva per la sua autenticità.
Solo dopo il restauro, formulai l’ipotesi raffaellesca e compilai la scheda con cui il dipinto fu esposto ad Urbino. Lo Zeri ora, per avanzare l’ipotesi di falso, accampa che la palma (rappresentata anche con i datteri nel dipinto in parola) sarebbe invece, secondo il suo anonimo straniero di turno, una Cycas revoluta, col curioso criterio di esaminare un quadro, in cui la palma ha chiaramente valore simbolico, come un test di botanica.
Tutto questo serve solo ad attirare discredito su persone e istituzioni come l’Istituto centrale del restauro e l’Amministrazione dei Beni culturali, a cui peraltro una volta appartenne anche lo Zeri.
Al qual proposito sarebbe interessante sapere come dette le dimissioni. Le dovette dare?
Cesare Brandi
1) Il Bolaffi-Arte non scatenò nessun atto di accusa, ma promosse un’azione di critica, giusta e doverosa in un Paese retto dalla democrazia. Nella iattanza del potere, da lui retto per quasi mezzo secolo, il Brandi continua a far passare per fatti personali ciò che è il sintomo di una sana vita democratica.
Egli par dimenticare che c’è stato il 25 luglio.
2) Che i proff. Briganti e Previtali siano o non siano stati interrogati da Bolaffi-Arte è cosa che non interessa. Allargare il numero di quanti sono coinvolti in una polemica significa soltanto volerla annacquare. Invece sarebbe bene chiarire se sia vero che due componenti della seconda sezione del Consiglio superiore espressero, davanti alla Madonna della Palma forti riserve, chiedendo che ciò venisse posto a verbale.
3) Il valore simbolico della palma non ha nulla a che vedere con la sua tipologia. Anni fa ci fu un funzionario delle Belle Arti che, in una terracotta del V secolo avanti Cristo, scambiò una melograna simbolica con un peperone.
Grazie alla carica simbolica, quindi, il prof. Brandi avvarrebbe quella Persefone peperonaria; di tale passo dovremmo anche ammettere melanzane e patate nei dipinti del Trecento, o elicotteri (carichi di simbolismo) nelle tele barocche con la Fuga in Egitto.
4) Fui costretto a dare le dimissioni dall’Amministrazione delle Belle Arti esclusivamente dalla mia coscienza morale, che mi vietava di scendere a compromessi con certi funzionari già favoriti.
Federico Zeri
Chiarissimo direttore. Le segnalo la totale mancanza di fondamento di quanto scritto dal prof. Zeri a proposito del restauro operato da questo istituto sulla cosiddetta «Madonna della Palma» della Galleria Nazionale dell’Umbria.
Non potendo agire che per via gerarchica, ho chiesto al ministero dei Beni culturali e ambientali di tutelare il buon nome di questo istituto anche a mezzo di azione penale contro il prof. Zeri. Coi migliori saluti
Urbani
Ben venga l’azione penale sollecitata dal prof. Giovanni Urbani. La legge consente al querelato la prova del fatto attribuito al querelante; quindi, sapremo chi ha dipinto i vistosi cretti falsi sulla Madonna della Palma, e potremo anche introdurre, sia pure in sede giudiziaria, tutta un’indagine sul funzionamento dell’Istituto centrale del restauro. Noto con piacere che il nome di Raffaello non appare nella lettera del prof. Urbani, f. z.
Ritaglio da La Stampa, del 22 Gennaio 1881