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Cristina Franzoni: JOSEF SUDEK A REGGIO EMILIA  

       

Un realismo neo-romantico che cerca la poesia indagando la vita segreta delle cose semplici, l’armonia delle forme e dei vo­lumi, la bizzarria nascosta degli oggetti comuni immortalati sul tavolo, sulla credenza, davanti alla finestra. E’ questo ciò che rappresenta in primo luogo la fotografia di Josef Sudek, genio praghese dell’obiettivo, al quale il recente festival europeo di Reggio Emilia ha dedicato una retrospet­tiva.

Considerato un maestro dello stili life e del paesaggio naturale, Sudek crea attraverso accattivan­ti giochi di luci e specchi, vetri e riflessi, bagliori del sole e vapore, atmosfere sognanti pervase di li­rismo e blanda malinconia. Le sue immagini silenziose, lente e paci­fiche ci mostrano tracce minime di fenomeni naturali che spesso guardiamo senza vedere: la per­fezione di un uovo, un lampo che attraversa il cielo, la fiammella di una candela, il tronco di un albero carbonizzato, la traccia vischiosa di una lumaca. Fotografie sofisti­cate anche se apparentemente  “facili”, capaci di evocare con­cettualmente il Tempo e l’Eternità. Proprio i temi su cui è incentrata questa quarta edizione del Festi­val Europeo della Fotografia.

Curata da Madeleine Millot­ Durrenberger e ospitata presso i Chiostri di San Domenico, la mo­stra raccoglie i lavori successivi al 1940, epoca decisiva in cui Sudek rimane stregato dalle magiche possibilità della copia a contat­to, dei pigmenti e delle macchine di grande formato (fino a 30 x 40 cm) , tra l’altro per lui disagevo­li da trasportare e maneggiare in seguito all’amputazione di un braccio per una ferita di guerra. In questo periodo le passeggiate diurne e notturne nei vicoli e nei parchi di Praga, città da cui non si allontanerà mai, lo ispirano ad una nuova espressività fotografica parente del sogno e della poesia.

Animo schivo, Sudek nasce come rilegatore ma si dedicherà com­pletamente alla fotografia potendo contare sulla sua pensione d’inva­lidità. Membro del Circolo dei Fo­tografi di Praga nel 1920, studierà con Karel Novàk. Nel 1924 fonda con Jaromír Funke la Czech Photo­graphic Society. Tra le serie famo­se: la Cattedrale di San Vito (Svazy Vit, 1928), le foreste della Boemia, il suo giardino visto dalla finestra del suo studio, e i suoi “Labirinti”, primi piani sperimentali di oggetti che si accumulano nel suo atelier d’artista.