La Pietà dalla gamba mozza rilancia l’Opera del Duomo
Ringrazio Eleonora Gargiulo, della Biblioteca “Renato Fucini” di Empoli, per avermi aiutato a reperire questo articolo,firmato da Rodolfo Gattai per La Nazione di Firenze, in occasione dell’arrivo della Pietà Bandini al Museo dell’Opera. (paolo pianigiani)
Da: La Nazione del 5 Giugno 1981, p. 13.
L’opera di Michelangelo, passata da Santa Maria dei Fiore a Santo Stefano al Ponte, ora ha trovato una collocazione definitiva
Un concorso per ricostruire l’arto mancante
Con l’arrivo della Pietà di Nicodemo, l’ultima grande composizione di Michelangelo su questo tema, si è aperta per il museo fiorentino dell’Opera del Duomo (o di Santa Maria del Fiore, dal nome della cattedrale), una nuova stagione. Lo conferma l’affluenza di pubblico che si registra da due mesi a questa parte. Cioè da quando la Pietà, tolta dal Duomo anche a causa dei lavori alla Cupola ed esposta nella chiesa di Santo Stefano al Ponte in occasione delle mostre medicee, è tornata al complesso monumentale di Santa Maria del Fiore trovando definiti va sistemazione in un ambiente dei museo, appositamente creato per accoglierla degnamente.
Alla «crescita» dell’ultimo decennio (dai 37.970 visitatori paganti del 1970 si è passati, con progressione crescente, agli 84.735 dell’anno passato), si aggiungerà un altro e certamente più clamoroso boom di un complesso museale ancora troppo poco conosciuto e perciò sempre molto lontano dai successi di pubblico che registrano altri e più celebri musei
Ad avviare il boom ha contribuito in modo determinante la presenza, in una felice collocazione, del grande gruppo marmoreo. Quella Pietà, appunto, che il sommo artista aveva scolpito sul pezzo residuo di una colonna di un tempio romano e che doveva essere collocata sulla sua tomba. Per questo Michelangelo va riprodotto le proprie sembianze nel volto di Nicodemo. Ora il gruppo di eccezionale valore si trova al centro di una sala, dalle pareti completamente nude, che ha assunto il carattere di una tribuna e che si apre, con un arco, a metà degli scaloni d’accesso al primo piano del museo.
Ed è proprio sull’interesse suscitato da tale opere d’arte che si vuol fondare il rilancio di un museo che ha tanto da offrire.
Forse pochi si rendono conto a prima vista, anche per la posizione delle figure, che la Pietà presenta una sorta di mutilazione. Manca la gamba sinistra del Redentore. Quando Michelangelo ebbe completato il gruppo, fu colto da un’impressione negativa. Quella gamba sinistra del Cristo, appoggiata sulle ginocchia della Vergine, non gli piacque. Gli parve addirittura in netto contrasto con la spiritualità dell’opera. Cosicché decise di eliminarla, spezzandola a martellate. Un esame più accurato rivela la mancanza dell’arto, generalmente attribuita ad una mutilazione accidentale del capolavoro o a un suo mancato completamento.
Ebbene si è appreso che l’Opera del Duomo vuol riprendere un’antica tradizione di promozione culturale e artistica. Si parla di un concorso internazionale, con un premio sostanzioso in denaro, per invitare gli artisti a ricostruire il pezzo anatomico mancante nella Pietà. Per non tradire la volontà di Michelangelo, il «pezzo» vincitore non sarà collocato sul gruppo marmoreo, ma gli verrà sistemato vicino. Il concorso si preannuncia come un grande avvenimento culturale e artistico. L’ingegner Galliano Boldrini, l’anziano eppure combattivo e impegnato presidente dell’Opera del Duomo, non smentisce né conferma che la cosa sia già stata discussa dal consiglio di amministrazione dell’ente. Ma proprio il suo gentile no comment finisce per essere una conferma.
Se son rose fioriranno, direbbe qualcuno. La notizia comunque è grossa e destinata a far rumore. Certo la presenza in museo del capolavoro è venuta a fornire la spinta per ampliare e valorizzare l’antica istituzione di piazza del Duomo, una istituzione che conserva grandi tesori d’arte.
«L’opinione pubblica è ancora distratta dall’eccezionale fenomeno dei grandi bronzi di Riace — dice Boldrini —. Un fenomeno che finirà il 24 giugno quando le splendide statue greche lasceranno per sempre Firenze. Ecco: sono sicuro che, dopo, la gente riscoprirà, come sta già facendo, la Pietà di Michelangelo e quanto si può ammirare da noi».
Sistemare il gruppo marmoreo nel museo non è stata impresa di poco conto. Oltre a ricavare da uno degli attigui quartieri di proprietà dell’Opera del Duomo la sala interamente dedicata alla Pietà, si è dovuto consolidare le strutture murarie di questa stanza e rinforzare il solaio con un apposito muro di sostegno al centro dell’ambiente, ove ora il capolavoro è esposto, su un apposito basamento. Si è provveduto anche a circondarlo con una ringhiera per evitare un diretto contatto con il pubblico e qualsiasi tipo di danneggiamento.
Solo in casi eccezionalissimi i custodi consentono che il gruppo marmoreo, tutto ripulito dagli esperti del gabinetto restauri del soprintendente Baldini, possa essere toccato. Come ci è capitato di constatare di persona l’altro giorno allorché siamo stati spettatori di un episodio particolarmente toccante. La guida che accompagnava una comitiva di ragazzi stranieri andicappati nella vista, ha chiesto il permesso di farne entrare uno o due nel recinto perché potessero appoggiare le mani sulla Pietà e «vederla» anche loro attraverso il tatto. Desiderio prontamente esaudito dall’ingegner Boldrini in quel momento presente.
Una ragazzina è stata fatta entrare nel recinto. L’abbiamo vista girare lentamente tutt’intorno alla grande scultura toccandola a mani aperte, con cura e religiosità, fin dove poteva arrivare in altezza e poi esprimere la sua emozione e la sua gioia per aver potuto «vedere» il capolavoro.
L’episodio, anche motivo di riflessione su tante dolorose condizioni umane e sul coraggio con il quale sono affrontate, dimostra che la Pietà di Nicodemo è diventata uno dei principali «pezzi», di grande e irresistibile richiamo, del museo di piazza del Duomo, anche se non l’unico, motore ideale di una meritata valorizzazione di questa antica e ricchissima struttura.
Rodolfo Gattai